"Caro Sarri, l’Italia viene prima di tutto"

Spalletti risponde al tecnico della Lazio: "Lo capisco, ma vogliamo rimandare ai club atleti che sono diventati migliori"

di PAOLO FRANCI -
10 ottobre 2023
"Caro Sarri, l’Italia viene prima di tutto"

"Caro Sarri, l’Italia viene prima di tutto"

Anno 2028. Il 69enne Maurizio Sarri allena la Nazionale con l’entusiasmo di un ragazzino. Gli chiedono: cosa pensa dei tecnici di club che si lamentano per le convocazioni che gli portano via i i giocatori? La risposta sarebbe scontata. ’Mau’ come lo chiamano i tifosi della Lazio in netta contrapposizione al ’Mou’ romanista, farebbe probabilmente come tutti i suoi predecessori, nessuno escluso. Cioè, per amor di cortile si cambia - eccome - idea. Risponderebbe come Conte, Spalletti, Lippi o Mancini: "La Nazionale è la Nazionale e tutti devono amarla", la ritrita sintesi di un pensiero giusto fino alla delicata linea rossa della vecchia diatriba con i club. Quelli che dicono: ma come, io lo pago, lo curo, lo coccolo e te me lo levi e magari si rompe pure? L’oggetto del contendere, il calciatore. Ci sta.

Vecchia storia, venuta anche a noia. Nessuno dimentica il furore di tanti presidenti su questa storia. A volte anche giustificato, come nel caso di Lotito. Tuonava il senatore, già nel lontano 2008 fregandosene che il pallone rotolasse all’ombra dei sacri cinque cerchi olimpici a Pechino: "m’hanno rovinato Tommaso Rocchi" la sintesi del j’accuse alla Nazionale olimpica dopo un infortunio del suo bomber.

Stavolta Mau – che qualcuno a Napoli inquadrò in una figura da fumetto marveliano: ’l’Uomo Lagno’ per questa sua inclinazione al lagnarsi, dai calendari, alle coppe, agli orari, alle nazionali – l’ha messa giù anche divertente e in forma di battuta: "Se li lasciano tutti a casa, sono contento, il più contento di tutti. Due anni di qualificazione agli Europei per far fuori Andorra, Far Oer, Liechtenstein…".

Ai tempi di Roma, Inter, Napoli anche Spalletti la pensava come lui. E perché il calcio dovrebbe avere prospettive differenti da quelle della vita? Da ct Spalletti ha dovuto per forza cambiare idea e rinvia lungo su Mau: "Anche io quando i giocatori andavano in Nazionale ero dispiaciuto, magari che tornassero infortunati. Il messaggio è che vogliamo mandarli indietro migliorati e che la maglia della Nazionale deve stare a cuore a tutti, anche a Sarri. L’Italia è al primo posto per importanza, qualcosa da cui tutti si può prendere cose per fare un calcio migliore".

Non fa polemiche Big Luciano, però ricorda a Sarri che se alleni in zona elite è logico veder partire i giocatori destinazione nazionale. Molto meno aspro, ad esempio, dell’Antonio Conte juventino che, furente, diede del maleducato al ct Cesare Prandelli: "Mi aspettavo almeno una mezza chiamata da Prandelli per chiedermi: ‘Stupido, come sta Giorgio?’. Lo trovo poco garbato e poco educato questo tipo di comportamento". Oggetto del contendere la convocazione di Chiellini acciaccato. La risposta di Prandelli fu all’acido muriatico: "Quando vedo un giocatore in campo o in panchina, io ho il diritto, ripeto, il di-rit-to di chiamarlo. La Juve si aspettava una telefonata? Io l’attendevo da loro...".

Conte, poi, da ct azzurro si tuffò nello stagno della polemica più e più volte, soprattutto per l’ostracismo dei club sugli stage della sua Nazionale. Tutto il mondo è Paese insomma. Oggi tocca a Spalletti difendere l’onore azzurro dagli interessi (comprensibili) dei club. E’ l’uovo e la gallina, da sempre, per sempre. Con un’aggiunta col fiocco, quello sul pacco regalo in arrivo. A proposito di spirito identitario (ieri il ct è stato nominato ambasciatore dello sport italiano dal ministro Tajani): "ho letto un libro degli All Blacks che si intitola ‘Niente teste di c**’: sarà il regalo per Natale per i calciatori. Io non voglio vedere gente che viene a Coverciano e ondeggia come ebete sentendo la musica alle orecchie, voglio vedere gente che si sbatte in tutte le parti del campo con forza e voglia. Chi non lo fa, non avrà più la possibilità con me di esistere calcisticamente".

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