Incoscienza e talento. La tempesta Kayode si abbatte su Firenze

Michael Olabode Kayode, un giovane terzino nigeriano di 19 anni, è una delle facce della gioventù viola che sta scrivendo poesie sul prato verde di un campo di calcio. Una potenza accoppiata alla sfrontatezza che lo rendono un'arma letale.

4 ottobre 2023
Incoscienza e talento. La tempesta  Kayode si abbatte su Firenze

Incoscienza e talento. La tempesta Kayode si abbatte su Firenze

Adesso, che amiamo dare un nome alle perturbazioni, il prossimo uragano su Firenze potremmo chiamarlo Kayode. Perchè Michael Olabode Kayode, in campo più che un terzino sembra un ciclone caraibico. Nato 19 anni fa a Borgomanero da genitori di origine nigeriana, il nostro ha l’incoscienza prepotente della gioventù, quando le cose difficili sembrano giochi da affrontare con il sorriso e i consigli alla prudenza sono fastidi da scacciare come mosche in estate. Per questo, quando sgasa palla al piede, sembra inarginabile a ogni ipotesi di contrasto. Inarginabile perché illeggibile nelle sue traiettorie proprio grazie alla sua fantasia di adolescente prestato al mondo adulto del calcio.

Certo, per mettersi in mostra ha avuto bisogno di avere dalla sua cecità e crudeltà. La cecità è quella dei dirigenti della Juventus, che dopo averlo accolto nelle giovanili a 8 anni, a 15 lo lasciarono andare perché non convinti del suo talento. Lui non si perse d’animo ("Invece di lamentarmi ho sempre preferito far parlare il campo", dirà poi), ricominciando dal Gozzano in serie D. E fu proprio nella squadra novarese che lo notarono i dirigenti viola. La crudeltà è invece quella degli infortuni in serie che sono avvenuti attorno a lui. Prima quello a Niccolò Pierozzi, altro terzino di belle speranze made in Florence che doveva essere il sostituto di Dodo; quindi quello gravissimo del brasiliano, destinato a restare fuori per mesi.

Lui, come fanno però i predestinati, non si è lasciato sfuggire l’occasione, incantando tutti fin dal suo debutto con il Genoa. Una gara ad altissima intensità, arricchita da un colpo a sorpresa. Quell’aggiramento del difensore avversario con la palla che sfila da una parte e lui d’altra, visto fare solo a virtuosi del palleggio come Redondo. Il sigillo di una potenza accoppiata alla sfrontatezza che fanno di lui un’arma letale. Sì, l’impressione è che Kayode giochi con lo strapotere incosciente dei vent’anni. Quando, come cantano i Maneskin, si ha ancora la fantasia per spiegare cos’è il colore a chi vede in bianco e nero. Vent’anni, l’età di chi sta ancora puntando al cielo e deve scegliere le cose che sono importanti, amore o diamanti, demoni o santi. Lui per adesso sembra avere scelto la strada della felicità. Quella che fa capolino dietro ogni giocata, che sia la rincorsa verso la propria porta ad evitare un gol già fatto (vedi alla voce Nandez) o l’irruzione dentro l’area avversaria a istigare i difensori al suicidio dell’autogol (vedi alla voce Dossena).

Kayode, una delle tante facce di questa migliore gioventù viola, da Parisi fino a Beltran e Infantino, da far pensare davvero a una Fiorentina modello 20 anni, l’età in cui gli errori si possono ancora perdonare e perfino correggere. Soprattutto, l’età in cui si ha paura di dover lasciare al mondo solo denaro, e per questo si vogliono scrivere poesie ovunque, persino sul prato verde di un campo di calcio. Con altre parole, ma anche I Maneskin suppergiù dicono questo.

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