La trasformazione della Fiorentina. Da bella e strafottente a opaca e macchinosa. Ma oggi che cosa sei?

La Fiorentina si trova in una crisi identitaria, passando da una squadra luminosa a una macchinosa. Il tecnico Italiano è sotto pressione, ma resta incerto se possa invertire il trend negativo.

21 febbraio 2024
Da bella e strafottente a opaca e macchinosa. Ma oggi che cosa sei?

Da bella e strafottente a opaca e macchinosa. Ma oggi che cosa sei?

Il problema non è "dov’è la Fiorentina", che il settimo posto attuale in classifica è in linea con la forza della rosa. Il problema oggi è "cos’è la Fiorentina". C’era fino a poco tempo fa una squadra riconoscibile ovunque. Una squadra con una forte identità, che aveva la capacità di fare la partita chiunque fosse l’avversario. Una squadra che sembrava giocare con la leggerezza di chi è convinto dei propri mezzi, a volte perfino strafottente, che per la sua propensione all’assalto all’arma bianca prendeva ogni tanto gol sciagurati, ma che sapeva raccogliere applausi anche in caso di sconfitta. Poi improvvisamente questa squadra è scomparsa. L’ultima volta che l’abbiamo avvistata è stato nel 3 a 0 casalingo con la Salernitana.

Era il 3 dicembre. Da allora la Fiorentina è diventata altro. Una squadra macchinosa, non più luminosa ma opaca, che anche quando le è capitato di vincere (come col Verona, col Monza e col Torino) lo ha fatto con stile diverso, più di ostruzione che non di coralità. Allora lo chiamammo cortomuso, con la speranza che quella fosse una scelta tattica voluta. Forse era altro. Forse era una difficoltà di gioco che nelle ultime partite si è fatta evidente, come dimostra anche il pareggio asfittico di Empoli. Perché la Fiorentina si è persa? Difficile dirlo. Forse perché contemporaneamente e per motivi diversi le sono venuti a mancare tre giocatori chiave quali Gonzalez, Bonaventura e soprattutto Arthur, l’uomo che dirige l’orchestra. Forse perché quella potenza sulle fasce che la faceva volare con terzini che erano ali camuffate quali Odriozola e poi Dodo, dopo un bell’inizio con Kayode, si è smarrita e non si è più ritrovata. O forse perché è venuta a mancare la forza vera di quella squadra, quell’intensità combinata con la convinzione che Italiano era riuscito a pompare dentro una rosa con qualche limite evidente. Sì, l’intensità e la convinzione, ingredienti che nel calcio di oggi fanno andare oltre il proprio valore tecnico o al di sotto, come ben dimostrano i casi opposti di Bologna e Napoli.

Ed arriviamo così al tecnico Vincenzo Italiano, l’uomo nel mirino. Non c’è dubbio che era stato lui a consegnare alla squadra quel carattere e quell’intensità. Ma non c’è nemmeno dubbio che oggi anche lui si sia smarrito e sia un un uomo in difficoltà. Un nocchiero isolato da tutti, che sembra aver perso la bussola e dentro la tempesta non trova più la rotta. Non è per la verità la prima volta che accade. Lo scorso anno proprio di questi tempi, dopo l’ennesimo deludente 1 a 1 casalingo con l’Empoli (ci salvò Cabral all’85°) la Fiorentina andò a Verona convinta di doversi giocare la quota salvezza.

Era il 28 febbraio. Da lì partì invece un ciclo vincente inaspettato e clamoroso. La domanda è semplice: ci sono oggi le condizioni per sperare di ripetere quell’impresa oppure il logorio del calcio dentro la squadra e fra squadra, tecnico e dirigenza ha rotto il giocattolo rendendolo irreparabile? Chi scrive non ha risposte certe ma tanti dubbi. E molti di questi non ispirano all’ottimismo.

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