Tra viola e bianconeri non sarà mia una gara come le altre. Quando Davide e Golia si scambiano i ruoli

Questo articolo esplora la sfida tra Firenze e Torino, una sfida che va oltre il calcio e che è diventata un'essenza della vita. Una sfida tra orgoglio, presunzione e passione, che nonostante il tempo che passa, riesce ancora a far accelerare il battito del cuore.

4 novembre 2023

Desolati, Tendi, Antognoni, Mareggini, Batistuta, Pepito e chi più me ha più ne metta. Piccoli grandi eroi delle nostre sfide di sempre, del nostro derby della fantasia, quello contro il potere, contro il calcio senza colori, contro un gran pezzo di Toscana che preferisce le strisce perché nella storia Firenze amava poco (e viceversa) Pisa, Lucca, Siena e la loro sfida al potere, che di casa stava qui. Uno scudetto “rubato”, un fenomeno (Baggio) portato via, gli scontri in piazza, giorni folli del tempo che fu. Troppe storie. In realtà spiegare il perché di questa sfida che sembra tutto ma poi resta una partita, non ha quasi più senso.

La differenza in classifica non è certo così incolmabile e la Juve non è più quella di prima, perché poi tra squalifiche, inchieste e tutto il resto, la loro è una sfida soprattutto contro se stessi, l’arroganza del conta solo vincere, tanto che di calcio bello a Torino ne vedono poco, e questo non lo diciamo solo noi. Resta il fatto che questo è uno scontro tra caratteri forti e orgogliosi. Firenze gelosa della sua bellezza, dei suoi campioni, nemica delle ingiustizie e sempre in cerca di qualcosa che prima o poi arriverà. Loro forti delle loro debolezze, del palmares, dei “nemici” sparsi ovunque così come ovunque sono i loro amici più cari.

La Juve non più il gigante Golia e noi non siamo più Davide. Allegri ha una squadra sulla carta più forte. Su questo pochi dubbi. Ma il gioco è quello che è e gli attaccanti migliori glieli abbiamo venduti noi. E’ cambiato il calcio, è cambiato tutto, eppure questa sfida resta sempre il momento topico di una stagione. E così veniamo accusati di provincialismo perché una partita sembra valere una stagione. Ma non è esattamente così. E’ tutto molto più semplice: questa è l’essenza del pallone. Avere un avversario speciale. Sportivo, si intende. C’è chi ha un derby fatto in casa e chi se lo cerca nella storia. E la storia ha deciso questo, soprattutto da quello scudetto conteso fino alla fine, da quel dieci venduto agli Agnelli e da tutto ciò che anche altrove hanno vissuto nel tempo. Lo sanno bene a Roma, a Verona, perfino a Milano, lo sanno in tanti. E poi chi ama il viola ed è circondato dal verde delle colline il bianco e nero non può affascinare nemmeno un po’. E la partita, in fondo, è ciò che conta per davvero. Lì misuriamo il nostro orgoglio e anche la nostra mai nascosta presunzione.

Noi più belli. Loro mah. Noi siamo una città, loro una squadra diffusa. Piccoli dettagli di un modo di vivere l’appartenenza. La verità è che il tempo passa, il calcio cambia ma questa sfida, che tu lo voglia o no, ti fa sempre accelerare il battito del cuore. E che sia benvenuta, allora. Il calcio è emozione. Finchè c’è quella il suo lato più oscuro riusciamo a dimenticarlo per un po’.

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