Marotta è l’eroe dei due mondi. Tra Juve e Inter vince sempre lui

Cinque anni fa lasciò i bianconeri al top, ora ci ha portato i nerazzurri mentre la Signora ha vissuto il declino

di GIULIO MOLA -
24 novembre 2023

Dalla Juventus alla... Juventus. Dal 25 ottobre del 2018 (giorno in cui lasciò i bianconeri) al 26 novembre 2023, data della “madre“ di tutte le partite. Forse quella più sentita da Beppe Marotta, anzi il Cavalier Giuseppe Marotta. Uno che di titoli ne ha vinti parecchi, anche se quello di cui va fiero lo ha ricevuto alcuni mesi fa dal Presidente della Repubblica. Dalla Juventus alla... Juventus, dunque.

In mezzo cinque anni di Inter per il dirigente varesino, classe 1957. Dall’avvento di Marotta più o meno un lustro fa (debuttò il 13 dicembre 2018) è cambiato tanto nel club di viale della Liberazione. Il ritorno in pianta stabile nelle prime 4 di serie A, ma pure la finale di Europa League (2020), lo scudetto (2021) fino all’ultimo atto della Champions League (2023), terza finale della competizione dopo le due conquistate con la Juventus (Berlino e Cardiff). "Il ruolo comporta grandi responsabilità, ma questo non mi spaventa ed è motivo per me di grande orgoglio", diceva Marotta dopo essere stato scelto dalla famiglia Zhang per rilanciare l’Inter. Il tempo è stato galantuomo. Non è un caso che i nerazzurri siano riusciti a raggiungere prestigiosi traguardi grazie soprattutto all’abilità dell’amministratore delegato per la parte sportiva capace (con il ds Piero Ausilio) di costruire squadre sostenibili e competitive con poco budget e molte idee, tra tagli del monte ingaggi e cessioni pesanti.

Non era scontato dopo l’esperienza di 8 anni alla Juventus durante i quali aveva vinto ben 14 trofei (sette scudetti consecutivi e quattro Coppe Italia, cui vanno aggiunte tre Supercoppe italiane). Andrea Agnelli lo volle a Torino nel 2010 per rifondare i bianconeri e cominciare un ciclo vincente. Con la Juventus ha conquistato tutti i campionati, tranne il primo. Con due allenatori diversi, Conte e Allegri. Andò via pochi mesi dopo l’acquisto di Cristiano Ronaldo. Da galantuomo, Marotta ha sempre negato che ci fosse un collegamento tra i due eventi. Ma è ormai considerato un assioma che la rottura sia avvenuta proprio a causa dell’ingaggio del portoghese. Marotta lasciò una Juventus che sembrava scoppiare di salute, con CR7 che imperversava. È finita come sappiamo. Tra plusvalenze, processi, penalizzazioni, dirigenti inibiti. E il rimpianto del tifoso vip Lapo Elkann: "La Juventus dopo l’uscita di Marotta ha perso tanto...".

L’avvento del dirigente all’Inter fu decisivo per convincere Antonio Conte a sposare il progetto nerazzurro. "Per ridurre il gap con la Juve non bisogna fare proclami, ma avere una cultura del lavoro accompagnata da senso di appartenenza verso questa società", disse Marotta il giorno dell’insediamento. Arrivarono mesi intensi e delicati, con la gestione del caso Icardi e uno spogliatoio da ricomporre, ma alla fine il dirigente sistemò tutto portando Conte a Milano. Un colpo da fuoriclasse. Prima annata con un secondo posto e la finale di Europa League, quindi la straordinaria cavalcata scudetto nonostante un mercato estivo 2020 a costo zero, causa pandemia. Neanche il tempo di godersi il successo e la soddisfazione di aver interrotto il dominio della Juventus (da lui stesso creato) che Marotta ha dovuto gestire l’estate più difficile, con gli addii di Conte, Lukaku e Hakimi, passando per il dramma Eriksen. Saggia la scelta di puntare su Simone Inzaghi capace di raccogliere l’eredità del tecnico leccese con pragmatismo ed empatia col gruppo.

Nelle ultime due stagioni, altro capolavoro: nonostante vincoli molto ferrei di bilancio è riuscito a prendere ottimi calciatori. Per esempio Thuram a parametro zero. O Frattesi, per allargare il pacchetto degli italiani per la nazionali. Il resto è storia dei giorni nostri. Compresi i simpatici siparietti con Max Allegri ("Noi favoriti per lo scudetto? No,voi perché non giocate le coppe"). E quel sogno chiamato seconda stella.

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