Juan Jesus e il Napoli si ribellano. Daffe: "Senza prove vale tutto?"

Il portiere senegalese guida la campagna della Lega Serie A ’Keep racism out’: "E i risultati arrivano"

di DORIANO RABOTTI -
28 marzo 2024
Juan Jesus e il Napoli si ribellano. Daffe: "Senza prove vale tutto?"

Juan Jesus e il Napoli si ribellano. Daffe: "Senza prove vale tutto?"

L’impressione è che stavolta ci sarà un prima e un dopo. Che la sentenza sul caso Acerbi sia destinata a lasciare un segno diverso, rispetto alla tante che negli ultimi anni hanno contraddistinto la lotta (non ancora vinta) al razzismo nello sport italiano, e in particolare nel calcio.

Il Napoli ieri ha annunciato di non voler più partecipare alla campagna antirazzismo della Lega di Serie A e Unar, proseguendo con le proprie iniziative sul tema. Juan Jesus dal canto suo è tornato sul tema dichiarandosi "avvilito" e spiegando di non aver capito "la sentenza del giudice".

Omar Daffe, 42 anni, è un portiere senegalese che oggi gioca nel Marzolara, in Prima categoria a Parma. Qualche anno fa interruppe la partita a Bagnolo in Piano, nel Reggiano, per gli insulti razzisti, uscendo dal campo seguito da tutti i compagni solidali con lui. Nell’immediato rimediò una squalifica e la partita persa a tavolino, ma la lotta contro il razzismo è a semina lunga e prende strade a volte inattese: la notorietà ottenuta suo malgrado con quel gesto lo fece ’convocare’ dalla Lega di Serie A, per lavorare nell’ufficio CSR, dedicandosi a iniziative di sensibilizzazione contro tutte le discriminazioni. Oggi gira l’Italia con il progetto ’Junior Tim Cup Keep Racism Out’ che ha appena fatto tappa a Udine, protagonista del caso Maignan.

Daffe, che idea si è fatto della vicenda Acerbi-Juan Jesus?

"La stessa che si è fatta la maggior parte dell’opinione pubblica. I tifosi da una parte e dall’altra vogliono avere ragione, il giudice sportivo ha emesso il suo giudizio basandosi sugli atti ricevuti. Da fuori, come ex giocatore e persona che ha subito offese razziali, mi chiedo: ma domani se uno si copre la bocca può offendermi?".

In realtà non ci sono le prove che Acerbi l’abbia fatto.

"Non ci sono le prove ed è giusto che non paghi per una cosa che non ha fatto, ma se mi trovassi nei panni di Juan Jesus in campo mi chiederei: allora se non ci sono prove possono dirmi di tutto?"

La reazione del Napoli è comprensibile?

"Mi dispiace che abbiano fatto questa scelta, perché la lotta contro il razzismo va fatta da squadra, fino all’altro giorno eravamo in venti società e cominciavamo ad avere risultati. Rispetto agli anni passati i casi sono diminuiti, anche se si dà più risalto a quelli negativi. Ma posso capire l’amarezza della società e apprezzo la coerenza nel supportare il proprio atleta".

Quali sono le domande più inattese che le fanno i bambini, quando li incontra?

"I ragazzi sono molto più avanti degli adulti, la chiave sarebbe imparare da loro. Da piccoli non discriminano, non vedono la differenza, ma capiscono la diversità. E non capiscono perché noi adulti le sottolineiamo. Quando li incontro per me è l’occasione per formarmi e imparare".

La sua compagna Valeria è di Napoli. Parlate mai della discriminazione territoriale che colpisce soprattutto i napoletani?

"Sono i più bersagliati. Valeria mi ha chiesto che cosa fosse successo stavolta, ma in fondo sapevo quello che si leggeva su tutti i giornali e le tv. Sulla discriminazione territoriale, lei la avverte e spesso la sottolinea. È una forma di discriminazione che ci accomuna".

Omar, dopo tanti anni che vive qui: gli italiani sono razzisti secondo lei?

"Non sono razzisti, generalizzare sarebbe come dire che tutti gli stranieri sono delinquenti. Ma in mezzo agli italiani c’è una parte razzista che rimane razzista perché non viene isolata, educata, formata. Secondo me molti non lo sanno nemmeno di essere razzisti, perché usano frasi che per loro vanno bene. Non se ne rendono conto".

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