Fonseca, serve un altro Diavolo. Il Milan è obbligato a ripartire: "Nessun caso, siamo da scudetto»

Contro il fanalino di coda Venezia il tecnico si gioca la fiducia, dopo le divergenze con Leao e Theo "Con Ibra mi sento spesso. Abbiamo tanta qualità, non possiamo pensare solo a difenderci".

di LUCA MIGNANI -
14 settembre 2024
Il Milan è obbligato a ripartire: "Nessun caso, siamo da scudetto"

Il tecnico del Milan Paulo Fonseca, 51 anni, non ha iniziato nel migliore dei modi

Incassare e rilanciare. Non è certo il gioco che ha in mente Paulo Fonseca. Ma, di fatto, è quello che al momento gli tocca fare, fuori dal campo. Anche (e soprattutto) per quello che ha raccolto dentro, al campo. Due punti in tre partite, bottino così magro sulla sponda rossonera del Naviglio non si vedeva da tredici anni, dai tempi (curiosamente) di quel Massimiliano Allegri la cui ombra, in qualche modo, ritorna sempre. Non è la sola.

Così, al portoghese, resta lo scomodo ruolo di parafulmine su tutte le questioni aperte, di campo e non solo. Il gioco dominante intravisto nell’estate a stelle e strisce spazzato via dalle ripartenze di Torino, Parma e Lazio, tanto che di dominante, ora, ci sono piuttosto le grane alle voci “mancanza di equilibrio” e “gol fotocopia incassati”. Ma anche la gestione del post cooling break e dei suoi protagonisti Theo Hernandez e Leao. Fino all’assenza di Zlatan Ibrahimovic, ad esempio.

Fonseca non si sottrae (il più delle volte), sorride (il più delle volte) e tira dritto. In primis sulla sua posizione, in vista del trittico Venezia-Liverpool-Inter, per nove giorni, fuor di retorica, determinanti. "Gli allenatori sono sempre sotto esame, sono focalizzato sul mio lavoro e non c’è spazio per quello che dicono da fuori o per ciò che viene scritto. Resto fiducioso: vedo come lavora la squadra e, di conseguenza, non posso essere diversamente".

Tanto che "lo scudetto resta il nostro obiettivo, senza dubbio". In merito alle due reti incassate a partita, il tecnico non pensa di passare a uno schieramento a tre, ma afferma di aver lavorato particolarmente sulla fase difensiva durante la sosta. E a chi gli fa notare come Reijnders giochi meglio più avanzato in nazionale, o che un centrocampo a tre potrebbe essere l’ideale, ribatte: "Contano le dinamiche, non le posizioni iniziali". Insomma, sta per vedere la luce un Milan leggermente riveduto e corretto. Ma solo leggermente, per il resto si tira dritto: "Con la qualità che abbiamo, non posso credere che i miei giocatori possano solo difendere basso e puntare sul contropiede. Le grandi squadre hanno la responsabilità di essere dominanti. Chiaro, non lo siamo ora. Ma è quello che voglio. E se vuoi prendere meno gol, devi avere di più la palla. So che è un grande cambiamento, ma i ragazzi stanno capendo l’importanza della gestione".

Per il resto, nessun problema. Non il caso cooling break che "non è mai stato un caso". Non l’assenza di Ibrahimovic "con cui mi sento al telefono. C’è un rapporto continuo e costante, in presenza o no, anche con la società".

A proposito, a San Siro ci sarà (ancora) Gerry Cardinale. Come all’Olimpico. E come a Milanello dopo la sconfitta col Parma, che aveva portato Ibrahimovic (allora presente) a scendere negli spogliatoi del Tardini. Dovrà essere un Milan diverso. Ed è ciò che dice forte e chiaro il tifo organizzato, per voce della Curva: "Nulla e nessuno può essere giustificato per lo spettacolo imbarazzante delle prime tre partite. Non ci sono attenuanti per nessuno", recita il comunicato. E ancora: "Invitiamo tutto il popolo rossonero a ritrovarsi davanti alla rampa d’ingresso dei pullman, per far capire a società, mister e giocatori che settembre rappresenta un bivio già decisivo per la nostra stagione". Aria pesante, in testa a giorni determinanti.

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