Genio e coraggio, il Milan di Fonseca. E’ un Diavolo da partitissime. Musah ultima intuizione vincente
A Madrid un successo già storico, difendendo a cinque e poi colpendo il Real nei suoi punti deboli. Leao ’rigenerato’ dalla panchina, Yunus equilibratore fondamentale: Cardinale e Ibra applaudono .
Diavolo di un Fonseca. Il portoghese era atterrato a Malpensa nella tarda mattinata di un sabato apparentemente anonimo, tra lo scetticismo e gli hashtag che già lo invitavano ad andarsene. Prima ancora di essersi presentato. Accoglienza tiepidina a dir poco, in quel 6 luglio: quattro mesi fa, ieri. Sembra passato molto, molto di più. Lui, nel frattempo, sta prendendo in mano il Milan del "grande cambiamento". E, con le sue alzate d’ingegno, ha già consegnato più di qualcosa alla storia. In principio, quel derby perso per sei volte di fila dal predecessore Pioli: sulla scia del "basta scuse, ultima chiamata" chiarito dai tifosi una settimana prima (e del "tirate fuori i..." ruggito da San Siro nel finale del tris incassato dal Liverpool in Champions), la mossa 4-2-4 a imbrigliare Inzaghi e a riportare la stracittadina sull’altra sponda del Naviglio. E la lista dei potenziali successori (da Allegri a Sarri, da Tudor a Terzic) finisce nel cassetto.
Il secondo pugno sul tavolo dopo il Franchi, lo “scippo” dei rigori, il ko e la famosa lista che sembra poter tornare attuale: contro l’Udinese, allora, mezza squadra cambiata, fuori soprattutto Tomori, Abraham e Leao (tutta la partita, non capitava dal 2021) inizialmente “panchinato” poi anche con Napoli e Monza. Rischia, s’impone, finisce per aver ragione, Paulo. Non convince tutti, missione impossibile. Ma vince, in dieci dalla mezz’ora.
Il resto è storia, perché proprio di storia trattasi, recente: conquistato il Bernabeu dopo quindici anni di astinenza dalla prima, e unica, volta. Difendendo a cinque. Non con il classico “terzinaccio”, ma con quel Musah che a Parma diceva: "Non capivo se andare a pressare o abbassarmi". E con un Leao in versione meravigliao. "Mai avuto dubbi. Avevo detto che è nato per notti così. Deve essere consapevole che può fare la storia del calcio: è nettamente il più forte di tutti noi", la sviolinata Champions di quel Morata troppo poco centravanti per molti, ma in gol da vera prima punta dopo una gara passata a fare legna ovunque, in uno stadio che è stato anche suo e nella sua città: 89 gol tra Real e Atletico, 21 con i Colchoneros solo la scorsa stagione.
Tutto azzeccato, o meglio studiato, da Fonseca. Più palloni recuperati dei Blancos (25-22), oltre cinque chilometri di corsa in più (110,8-105,5). E alla faccia dell’etichetta “italiani, popolo di catenacciari”, Fonseca ha chiarito: "Abbiamo provato che in Italia non si difende solamente. Sappiamo giocare coraggiosamente. Abbiamo fatto grandi cose, poi sofferto insieme".
Anche re Carlo Ancelotti non ha negato il teorema. Anzi: "Molto veloci nella conduzione di palla e nell’uno contro uno". A proposito: Leao si è confermato tra i migliori dribblatori della competizione (27 in quattro gare). Pulisic è arrivato a quota 44,5 chilometri percorsi. Reijnders, giocando mezz’ora in più, a 46,6: segnando fin qui 3 gol (uno in meno di Vinicius, gli stessi di Haaland) e con un altisonante 96% di passaggi completati. Numeri che iniziano a pesare e a lanciare un messaggio: sta nascendo il nuovo Milan che il tecnico ha in mente. E che è piaciuto a Gerry Cardinale: prima seduto accanto a Florentino Perez, poi nella pancia del Bernabeu. Si è detto orgoglioso congratulandosi con la squadra negli spogliatoi. Ha apprezzato che il gruppo sia rimasto unito, sottolineando la vicinanza della proprietà: sempre al vostro fianco, in sintesi. Anche Ibrahimovic ha lanciato un sms. Anzi, due. Uno sui social: foto con uno sguardo di sfida. L’altro ai giocatori: questo è il vero Milan.
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