Milan, l’attacco dov’è?. Cercasi vero bomber. Allarme classifica
La maledizione del centravanti è un’etichetta (scomodissima) che il popolo rossonero tende a prendere molto, molto sul serio. Era tornata...
La maledizione del centravanti è un’etichetta (scomodissima) che il popolo rossonero tende a prendere molto, molto sul serio. Era tornata d’attualità sotto il solleone, circolava da ben prima: per via della carta d’identità di Giroud (38 primavera oggi) e delle sirene statunitensi sul francese. Monsieur Olivier, 49 gol in 3 anni, era stato capace di scacciare i fantasmi del passato con la maglia numero nove. Fantasmi con tanti nomi e cognomi, ma con pochissimi gol per il Diavolo: Mario Mandzukic (0), Krzysztof Piatek (5), perfino Gonzalo Higuain (6), André Silva (2), Gianluca Lapadula (8), Luiz Adriano (4), Mattia Destro (3), Fernando Torres (1), Alessandro Matri (1).
Alexandre Pato l’aveva presa nell’ultimo anno, ereditandola da chi quella maledizione, involontariamente, l’aveva inaugurata lasciando in dote caterve di gol, lui sì, da manuale del centravanti: “Pippo” Inzaghi. Ora, la numero nove, è sulle spalle di Luka Jovic: alle prese con la pubalgia, fuori dal progetto e pure dalla lista Champions. Tanti, però, i centravanti in casa Milan. Gol da parte loro, però, pochi. Alvaro Morata ha portato in dote 15 centri nell’ultima Liga (21 stagionali). Ora, in campionato, un paio, così come Abraham, mentre Okafor ne ha segnato uno e a Camarda per ora non si può chiedere di più. Totale: cinque centravanti (di ruolo o adattati), altrettanti gol. Alle squadre di testa basta un solo giocatore per andare decisamente oltre.
Retegui è a 12, Thuram e Kean a 9, persino il criticato Vlahovic è a 6. Chiaro, i gol di Pulisic (5) e Leao (3) hanno lo stesso peso di qualsiasi altra marcatura. Ma la mancanza del (vero) centravanti si è dannatamente sentita con la Juventus. Morata a dannarsi l’anima ovunque, ma poco in area. Abraham in panchina per tutta la partita, preservato anche per la Champions visto che lo spagnolo sarà squalificato, così come l’adattabile Okafor e il giovane Camarda (Jovic fuori causa per infortunio). Morale: 6 conclusioni, una in porta. Molto, molto meno di quanto fatto contro Cagliari (13 tiri totali, 6 in porta, 3 gol), Monza (18 tiri totali, 7 in porta, 1 gol) e Napoli (13 tiri totali, 5 in porta, 0 gol) di recente. E il Milan, nella percentuale conclusioni/reti, è al settimo posto: non raggiunge il 10% come fanno (superandolo) Atalanta, Fiorentina, Inter, Lazio ad esempio. Numeri freddi: non dicono tutto.
Ma sono anche ciò che porta ad altre cifre amare: per trovare meno di 19 punti bisogna scendere alla stagione di Giampaolo poi sostituito da Pioli (13). Così come per trovare meno di 5 vittorie in 12 partite. Mihajlovic, Montella, Gattuso avevano fatto meglio, come chiaramente, poi, Pioli. La grana è tutta tra le mani di Fonseca, del suo "grande cambiamento", del suo "gioco posizionale". Ha portato a notti da sogno, contro Inter e Real Madrid. Ma anche fischi assordanti (e "comprensibili") contro la Juve. Domani c’è lo Slovan Bratislava, in trasferta, alle 18.45, in Champions League. Morata è squalificato, Leao ha preso una botta che non sembra preoccupare, Pulisic è stato “rischiato“ solo nella ripresa contro i bianconeri. Le carte nel mazzo, in ogni caso, ci sono. Per fare tutt’altra partita rispetto a sabato. Ne va del futuro, ma anche (e molto) del presente.
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