Paga Fonseca, Milan a Conceiçao

Contratto fino al 2026, il nuovo mister già al lavoro: "Non abbiamo tempo, parleremo con i fatti"

di LUCA MIGNANI
31 dicembre 2024
Contratto fino al 2026, il nuovo mister già al lavoro: "Non abbiamo tempo, parleremo con i fatti"

Contratto fino al 2026, il nuovo mister già al lavoro: "Non abbiamo tempo, parleremo con i fatti"

Solo, nel giorno dell’atterraggio a Malpensa e dei primi passi a Milanello, sotto il sole del 6 luglio. Solo, nella fredda notte di San Siro e dell’ultimo paradosso che ha messo fine ai 200 giorni rossoneri di Paulo Fonseca. In tempo per far valere la clausola sul contratto triennale: in caso di esonero, versamento di otto mensilità dell’ingaggio annuale (2,5 milioni) e addio tanti saluti. Era rimasto attaccato alla panchina con alzate d’ingegno, Fonseca. Riportando il derby in casa del Diavolo dopo sei ko (l’ultimo, da scudetto). E violando il Bernabeu a 15 anni di distanza dall’unica volta.

Stop ai numeri buoni: gli altri dicono solo metà delle partite vinte. Rilancio in Champions, ma classifica da incubo in campionato, seppur con una gara da recuperare: fuori da ogni competizione europea, -8 dal quarto posto, -14 dal primo. Così il punto con la Roma è stato un punto di rottura. Consumatasi già prima del fischio d’inizio, quando peraltro sono continuati altri fischi nei confronti del club e di Gerry Cardinale, contestati anche ieri. Giochi già fatti, dopo le panchine inflitte ai senatori e le sparate contro gli arbitri. A fine gara l’ultimo boccone amaro di un feeling mai sbocciato con la società. Via. Ma nessuno glielo avrebbe detto: "Un confronto duro con Ibrahimovic? No, non ho visto lui né nessun altro". Così gli tocca il giro delle interviste, da solo. "Perché non c’è nessuno della società? Non è una domanda per me. Ho la coscienza a posto: lavoro, sono onesto. Mi sento ancora l’allenatore del Milan, non ho nessun segnale contrario. Conceiçao? Non posso commentare cose che non so".

Le ha sapute dopo, nella pancia del Meazza, da Ibrahimovic, Furlani e Moncada, attorno a mezzanotte. "Sono fuori dal Milan", le sue parole all’uscita del parcheggio. Altre parole di commiato alla squadra, dispiaciute. Poi il rituale dell’addio ieri mattina. La nota ufficiale diramata attorno alle 10, l’arrivo a Milanello poco prima delle 11.30 e poco prima della dirigenza al completo. Un’ora dopo la squadra. Mezz’ora più tardi, esauriti gli ultimi saluti ai giocatori, Fonseca si è messo alle spalle per l’ultima volta il centro sportivo di Carnago, ringraziando i tifosi "per il sostegno e il rispetto. È stato un orgoglio essere l’allenatore del Milan". Da Cardinale, solo un sms. Passato.

Il futuro ha iniziato a bussare verso le 15, con l’atterraggio a Linate di Sergio Conceiçao. Non Allegri, non Sarri: un altro portoghese, invece, già accostato al Diavolo ai tempi della lista post Pioli. Contratto fino a giugno 2026, un milione e mezzo a lui e allo staff per finire la stagione. Poi 3,5. A meno che non venga applicata la stessa ’clausola Fonseca’. Conceiçao porta in dote 11 titoli vinti in 7 anni di Porto. L’arrivo a Milanello poco prima delle 16, in un giorno dal programma stravolto: niente riposo, discorso alla squadra, primo allenamento alle 17. "Non abbiamo tempo e non è una scusa. Dobbiamo essere all’altezza della storia. Serve una mentalità forte, le qualità ci sono", le sue prime frasi. E ai tifosi: "Le parole sono parole, devo dimostrare coi fatti. Riusciremo a fare belle cose". Questa mattina altra seduta, presentazione (ore 12), partenza per Riyad e per la semifinale di Supercoppa, venerdì alle 20. Titolo che Conceiçao si è preso da calciatore, con la Lazio, nel 1998, bucando al 94’ proprio la Juventus. Ci riproverà, battendo in primis il figlio Francisco. Per prendere per mano un Milan nel pieno della tormenta, in campo e fuori.

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