Nicolosi e il caso Hermoso: "Mai più. Quel bacio può essere la svolta"

La guardalinee toscana è impegnata in Ligue 1 maschile: "La reazione a quell’episodio fa ben sperare"

di FABRIZIO MORVIDUCCI -
26 ottobre 2023
Nicolosi e il caso Hermoso: "Mai più. Quel bacio può essere la svolta"

Nicolosi e il caso Hermoso: "Mai più. Quel bacio può essere la svolta"

"Quanto successo alla finale del mondiale femminile ha scosso le coscienze. Spero sia il passo definitivo verso le piene pari opportunità tra uomini e donne".

Manuela Nicolosi è uno dei simboli di questa piena integrazione. Nella sua carriera di arbitro internazionale in forza alla federazione francese ha avuto l’opportunità di mettersi in gioco con un curriculum di tutto rispetto: la finale dei mondiali femminili 2019 con la terna guidata da Stephanie Frappart, e la finale di Supercoppa europea maschile tra Liverpool e Chelsea del 2019. E’ stabilmente assistente in Ligue 1 maschile dove è apprezzata per la capacità di giudizio e le doti atletiche.

Nicolosi, quel bacio ‘rubato’ dal presidente della federazione spagnola quali sentimenti le ha provocato?

"Stupore, è chiaro. Ma la reazione unanime del mondo del calcio, compresa la nazionale maschile spagnola, ha tramutato questo disagio in speranza. Quanto successo in quella partita è stato un punto di svolta nel calcio femminile che ha iniziato a dire ‘mai più’. Un altro punto di svolta è stato proprio la finale di Supercoppa del 2019. Affidare la direzione di gara a una terna di donne (con Frappart e Nicolosi c’era anche l’irlandese Michelle O’Neill ndr) è stato indicativo che si era superato lo stereotipo di genere. Anche se resta un bel po’ di lavoro da fare".

Come siete state accolte?

"Dai colleghi all’inizio in maniera un po’ paternalistica. ‘Gli uomini corrono’ ci è stato detto. I nostri test atletici tuttavia erano eccellenti, frutto di tanto sacrificio. E’ bastato abituarsi alla rapidità di ripresa del gioco tipica del calcio inglese. E tutto è andato per il meglio, in quella partita non c’è stato neanche un intervento del var, o una decisione contestata".

Come mai è finita in Francia?

"Ho cominciato a 16 anni nella sezione Roma 1. Seguivo una passione di famiglia; sono stata premiata come miglior arbitro a livello provinciale; nel 2002 sono stata la prima donna arbitro nel campionato di eccellenza. Poi mi sono trasferita in Francia per motivi di lavoro. Ho ripreso la trafila oltralpe. E ho avuto tante soddisfazioni. Certo, resto sempre l’Italiana".

Un’italiana che ha raggiunto i vertici della categoria. Come si sconfigge il pregiudizio?

"Il rispetto non è una questione di genere. Così come il pregiudizio. I calciatori giudicano il comportamento in campo. E si adeguano. Del resto noi siamo preparate. Anche alle loro proteste eventuali. In ogni caso agli arbitri, uomini e donne, può capitare di commettere un errore, la tecnologia serve a rendere più sereni gli incontri".

Il movimento femminile tra i direttori di gara è in crescita?

"C’è un movimento, soprattutto nei paesi di tradizione calcistica. Ma siamo ancora agli esordi. In Francia siamo in tre su novanta tra Ligue 1 e 2; in Italia sempre 3 su 131 tra arbitri e assistenti di A e B".

Qual è la sua ambizione?

"Ho raggiunto risultati ragguardevoli in Francia, mi piacerebbe molto chiudere la mia carriera in Italia. Tornare dove ho iniziato, essere la prima arbitro donna che è stata in campo sia in Ligue 1 che in Serie A. Poi mettermi a disposizione del movimento calcistico. C’è da fare, ma le sfide non mi hanno mai spaventato: vivo e lavoro a Firenze, ma ogni fine settimana salgo su un aereo per inseguire la mia passione: il campo verde, l’atmosfera dello stadio, il calcio giocato ad altissimi livelli".

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