Quando le bandiere fanno ombra. Totti: "Io, Del Piero e Maldini siamo nomi troppo ingombranti»
"Nessuno della Roma mi ha cercato, un grande ex giocatore offusca tutto quello che c’è in un club. Abbiamo competenze, ma se non ci prendono in considerazione vuol dire che hanno altri obiettivi".
Essere Francesco Totti significa essere condannati a essere Francesco Totti, durante e dopo la carriera. È questo, in qualche modo, il senso delle parole dell’ex capitano giallorosso ieri ai microfoni di Sky Sport, perché se oggi una leggenda come lui, campione del mondo a Germania 2006, è sostanzialmente fuori dal mondo del pallone, è anche per la sua dimensione: "Un po’ il calcio mi manca – ha detto – ma sto bene ugualmente, ho altri lavori e altre cose da fare. Se dovessi tornare nel calcio, però, vorrei un ruolo operativo, impegnativo e importante. Ma a volte un nome come il mio diventa ingombrante".
Eccola qui, la condanna: Totti fu dirigente della Roma di James Pallotta dal 2017 al 2019, ma ebbe un ruolo di fatto irrilevante, una sorta di nume tutelare buono solo per fare da ambasciatore. Il suo contratto sarebbe scaduto nel 2023, ma decise di interromperlo quattro anni prima, spiegando di non essere mai stato coinvolto in un progetto tecnico e che, comunque, alla fine, l’ultima parola era di Franco Baldini.
"Dalla Roma ultimamente nessuno mi ha mai cercato o mai chiamato", ha aggiunto ieri. Perché, se si è Totti, lo si è per sempre, e non ha senso esserlo in sedicesimo, e a Roma più di qualcuno ciò lo teme. Totti, del resto, era ingombrante anche alla fine della sua carriera, quando i disaccordi con Spalletti portarono, infine, al ritiro, dopo mesi di interviste, frecciate, panchine. E in questo ruolo non si sente solo, come spiega quando lo paragonano a Del Piero e Maldini: "Noi l’abbiamo sempre detto, ne abbiamo parlato, il motivo è che siamo diventati ingombranti. Queste sono le risposte che ti dai. Un nome importante offusca tutto quello che c’è all’interno. Noi siamo ex giocatori, competenti nel settore e questa dovrebbe essere la cosa più importante per una società. Se non la prendono in considerazione, si vede che hanno altri obiettivi o pensieri".
A Sky l’ex numero 10 ha parlato anche di Nazionale e del ct., rendendogli l’onore delle armi, almeno per quanto concerne i risultati in azzurro sinora e, soprattutto, il recente mea culpa: "Auguro alla Nazionale di tornare ad alti livelli. Purtroppo, come tutti gli italiani e come tutti gli sportivi, speravo in qualcosa di meglio da parte della Nazionale agli Europei. I nostri giocatori non erano in buone condizioni, dal punto di vista fisico o mentale. In una competizione così importante se non sei pronto mentalmente e fisicamente è difficile arrivare fino in fondo. Spalletti? Quello del ct e quello dell’allenatore sono due mestieri completamente diversi. Un discorso è vedere i giocatori ogni giorno, un altro è vederli una volta al mese. Spalletti ha capito e ha riconosciuto i suoi errori e li ha ribaditi nell’ultima intervista. Speriamo che ora possa ripartire al meglio e far diventare la Nazionale quello che tutti vogliamo".
Con uno sguardo al campionato, ha spiegato che quello della Juventus è stato il mercato più importante, mentre la Roma lo convince il giusto: "La strategia sul mercato? Serve una comunicazione chiara: bisogna essere obiettivi. Hanno cercato di mischiare un po’ tutto, vediamo se avranno avuto ragione. Sta a De Rossi trovare le formule migliori. Ci sentiamo spesso e volentieri con Daniele, non pensava di partire così in campionato ma ha la testa e la voglia per fare bene". Per quanto ingombrante e nascosto, un consigliere, De Rossi, ce l’ha.
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