Comparsata? No, è stata una favola del pallone

La creatura di Giorgio Squinzi ha scritto pagine di storia del calcio nostrano. E anche nella stagione più brutta si è rivista l’ammazza grandi

20 maggio 2024
Comparsata? No, è stata una favola del pallone

Comparsata? No, è stata una favola del pallone

di Stefano Fogliani

REGGIO EMILIA

Undici anni. E un giorno. Tanto è durata la parentesi in Serie A del Sassuolo, che alla massima serie si affacciò il 18 maggio del 2013 battendo il Livorno al Braglia di Modena e mettendosi in tasca un biglietto di andata, allora quello sembrava, per una ‘comparsata’ nel calcio dei grandi che tuttavia è durata due lustri.

Undici anni (e un giorno) dopo, il Cagliari dell’ex Nereo Bonato – dirigente del Sassuolo che ascese dalla C2 alla A – ed il Frosinone di un altro ex come Eusebio Di Francesco – che con il suo Frosinone sbanca Monza – consegnano invece al Sassuolo il biglietto di ritorno. Prossima fermata Serie B per quella che, appena approdata in A, era la squadra-miracolo, espressione di una città di 40mila abitanti dove la prima squadra non gioca tuttavia gare ufficiali ormai dell’aprile del 2008 (salì in B, allora, sulla panchina dei neroverdi c’era un certo Massimiliano Allegri) ma era la realizzazione della visione di quel Giorgio Squinzi, patròn della Mapei, che sul progetto investì moltissimo. Passando, ammettiamolo, all’incasso, a raccontare una favola che non è stata una meteora – altri club, e più blasonati, tra A e B hanno penato assai più che il Sassuolo in questi anni – ma si era consolidata come realtà importante. Guadagnandosi le simpatie di chi alle favole (sportive) si affeziona e le antipatie di quelli cui i lieto fine non piacciono a prescindere e lo fanno presente dentro le fogne social che oggi festeggiano.

Il Sassuolo, dal 2013 ad oggi, di lieto fine alla favola ne ha scritti diversi, ha spedito ‘ miracol mostrare’ giocatori (Scamacca va in Champions con l’Atalanta, Locatelli con la Juve, Raspadori e Politano hanno vinto uno scudetto con il Napoli, come Frattesi e Acerbi nell’Inter, Pellegrini è il capitano della Roma) e tecnici (Allegri e Pioli in Italia, De Zerbi e Farioli oltreconfine) ammantando il ‘laboratorio’ neroverde di un’aura che ha fatto a lungo di Sassuolo una fabbrica di talenti. È addirittura andato in Europa, il Sassuolo, complice il sesto posto del 2015/16, a coronare l’indimenticabile era Di Francesco, quella che ha portato i neroverdi dalla serie B del 2012/13 all’Europa League di quattro stagioni dopo. Il Sassuolo, che sventolava oltreconfine due bandiere come Magnanelli, capitano-totem che lo ha accompagnato dalla C2 di Castel San Pietro al San Mames di Bilbao, e Berardi, genietto che della favola neroverde resta paradigma (il Sassuolo scende in B perché lui, ferito al tendine d’Achille, non c’è più) dopo quella stagione miracolosa ha perso però sia Giorgio Squinzi che la sua signora, che il miracolo se lo erano immaginati ormai più di vent’anni fa. E se non ha smesso, complici gli investimenti dei figli di Giorgio e Adriana, di lavorare al progetto, ha sbattuto su tempo che andava a stringere.

Qualche idea è mancata, qualche altra non ha trovato il seguito che serviva ed eccoci qua, ad una stagione sbagliata all’inizio e non corretta per tempo, non senza colpe diffuse. Perché il Sassuolo ammazza-grandi (le ha battute tutte, le big, il Sassuolo in A) è stato tale solo fino a settembre, quando ha battuto Inter e Juve, ma poi non ha ammazzato più nessuno, subendo quanto non ha mai subito (29 punti è il punto più basso della parabola neroverde in A) e arrendendosi ad una stagione sulla quale da oggi si comincia a fare i conti. Che per la prima volta, da quel 18 maggio 2013 in cui il Sassuolo saliva in A e Giorgio Squinzi compiva 70 anni, non tornano.

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