Il paradosso La ’fabbrica dei nazionali’ va giù

Una rosa composta da giocatori esperti che in molti casi hanno indossato la maglia delle rispettive rappresentative, eppure penultimo posto in classifica .

di LORENZO LONGHI -
20 maggio 2024
Il paradosso La ’fabbrica dei nazionali’ va giù

Il paradosso La ’fabbrica dei nazionali’ va giù

Riuscire a retrocedere con un organico che somma 157 presenze nelle nazionali maggiori e 194 tra Under 21 e selezioni olimpiche è uno dei tanti spiacevoli paradossi del Sassuolo. I numeri sono questi, e serve subito prevenire la più facile delle critiche: Berardi a parte, saranno anche Norvegia, Albania (che tra l’altro giocherà i prossimi Europei) e Guinea Equatoriale a farla da padrone in questa statistica, ma ogni nazionale è formata da una manciata di calciatori selezionati, i migliori dei vari Paesi, e pertanto, in linea teorica, stiamo comunque parlando di un’élite di giocatori che hanno avuto la possibilità di confrontarsi con i migliori, e comunque non certo delle peggiori nazionali del ranking Fifa. E, a dirla tutta, alle cifre di cui sopra andrebbero aggiunte anche le 40 presenze nell’Uruguay di due ragazzi che della stagione hanno vissuto solo la prima parte, vale a dire Viña e Alvarez (più 12 nell’Under 21 della Celeste).

Insomma, al di là di occasionali che hanno giusto una o due presenze nelle rispettive selezioni maggiori (Cragno, Ferrari, Boloca, Henrique, Pinamonti, e quest’ultimo a lungo è stato in predicato di tornarci), tutti gli altri (Pedersen, Bajrami, Kumbulla, Obiang, Racic, Thorstvedt, Berardi) ne contano almeno dieci, a parte Erlic che ne ha giocate 8, ma con la Croazia che non è certo una nazionale minore. Sostenere pertanto che il Sassuolo 2023-24 fosse una squadra senza esperienza non corrisponde esattamente alla realtà, perché diversi dei giocatori della rosa neroverde hanno, appunto, anche avuto diverse possibilità di misurarsi in un contesto internazionale. Ora, tutto ciò per il Sassuolo è sia un’aggravante che un’attenuante, considerando la retrocessione. Che si tratti di un’aggravante è piuttosto intuitivo e non c’è neppure bisogno di addentrarsi troppo nel discorso, perché un conto è perdere la categoria con un gruppo formato di soli giovani debuttanti, altro è gettarla via così. L’attenuante si lega proprio a quest’ultima considerazione: sebbene sia giusto e legittimo criticare chi ha definito l’organico di questa stagione, va anche rilevato che in estate in pochi sono stati capaci di pronosticare un’annata così difficile per il Sassuolo, figurarsi una retrocessione anticipata da penultima in classifica, e questo proprio perché sulla carta, anche grazie alla presenza di diversi nazionali, l’organico neroverde non sembrava essere da ultimi tre posti. Il campo però è giudice, e il campo ha dimostrato il contrario, eccome se lo ha dimostrato: forse in assoluto le tessere del puzzle c’erano, ma ciò che non è riuscito è stato creare una squadra. La somma delle qualità potenziali dei giocatori, in rose costruite con un’idea chiara, spesso moltiplica le forze della squadra stessa, mentre in casi come quello del Sassuolo di questa stagione il totale effettivo è stato decisamente inferiore al livello potenziale dei singoli. Che non era da Europa, né da metà classifica, ma nemmeno così pessimo come, invece, si è dimostrato. Perché l’esito è stato deprimente, sì, ma non ingiustificato né immeritato.

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