Spezia, la conferma di Macia nodo decisivo. I Platek non possono perdere D’Angelo

C’è chi si aspettava che i proprietari esonerassero il dirigente iberico anche pagandolo senza fare nulla, come del resto avvenne a Meluso .

di MIRCO GIORGI -
26 maggio 2024
Spezia, la conferma di Macia  nodo decisivo. I Platek non possono perdere D’Angelo

Spezia, la conferma di Macia nodo decisivo. I Platek non possono perdere D’Angelo

La terza stagione dell’era Platek inizia con la stessa lentezza e incertezza delle precedenti: settimane perse nel nulla, invece di gettare le basi in vista del ritiro tra quaranta giorni. Il nodo decisivo è quello della permanenza di Macia e, di conseguenza, di D’Angelo. C’è chi si aspettava che i proprietari esonerassero il dirigente iberico anche pagandolo senza fare nulla, come del resto avvenne a Meluso, al quale fu preferito un algoritmo nonostante una salvezza miracolosa. Come si può confermare chi in un anno e mezzo ha portato la squadra dalla A quasi in C, depauperando notevolmente il patrimonio con contratti faraonici per dei signori nessuno? Per non parlare del valzer di allenatori, quattro tecnici in diciotto mesi, quelli che il Cittadella ha avuto in vent’anni. La decisione da prendere negli spogliatoi del Picco, dal quale i Platek erano assai distanti, era la conferma senza condizioni del tecnico. Per dare un’idea dell’impresa di D’Angelo si veda la Ternana, retrocessa ai playout al posto dello Spezia. Breda esordì proprio al Picco, beffato nel finale da una prodezza di Verde, ribadita in gol da Moro, che alla lunga è stata decisiva al pari di quella di Di Serio al ritorno. In ventisei giornate gli umbri hanno raccolto 37 punti, piazzandosi ottavi, eppure non è bastato a causa dell’inizio disastroso nelle prime dodici (appena 6 punti).

Quando D’Angelo subentrò, la situazione dello Spezia era disperata. L’Omone ce l’ha fatta solo all’ultima giornata per un punto imponendo la propria leadership, come dopo la sconcertante prestazione di Como: o mi date chi dico io, o me ne vado. In società la retrocessione era data quasi per certa, come possono testimoniare i tifosi che sfidarono il gelo del Ferdeghini. Non è certo farina del sacco di Macia l’arrivo dei vari Mateju, Nagy, Jagiello, Falcinelli e compagnia, ma semmai di un suo ridimensionamento, con Gazzoli che ha preso in mano la situazione dando carta bianca al tecnico. Macia è più probabile che abbia gestito le uscite, che ora verranno al pettine con l’aleatoria questione dei riscatti.

Ricompattato il gruppo, la squadra ha finito in crescendo, al livello di Venezia e Palermo, semifinaliste dei playoff. A Macia non vanno imputati solo errori finanziari (esemplare il tesoretto di Kiwior dissipato nei vari Moutinho, Cipot, Krollis, Shomurodov e in estate anche con altri) ma anche di gestione delle risorse umane. Proprio l’arrivo di un gruppo di ’schiappe’ strapagate provocò la deflagrazione dello spogliatoio nella stagione della retrocessione in B: quando Bastoni e gli altri seppero di prendere meno di Moutinho, il disfacimento fu inevitabile.

In precedenza, la delegittimazione di Gotti inchiodato in ospedale con una strategia fatta di cene carbonare, poi l’esonero a gruppo sfasciato; l’imposizione a Semplici di giocare a quattro con un organico costruito per la difesa a tre; lo spareggio preparato alla Oronzo Canà, con Wisniewski in Polonia per sposarsi. In estate lo sfacelo è continuato scegliendo Alvini e non operando le cessioni dovute, con una nuova frattura del gruppo a fine estate, passando per le risse di Catanzaro e Palermo, poi la sua disgregazione a cavallo della sosta. C’è gente che ha perso il posto per un decimo di questi disastri. Non basta far mettere in giro voci di un interessamento della Fiorentina per convincere di essere bravi a dispetto delle evidenze.

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