Gianni Rivera compie 80 anni ma sarà sempre il Golden Boy: una bandiera senza età

Da Alessandria al Pallone d’Oro. Ha segnato un’epoca, dentro e fuori dal campo. Debuttante in Serie A quando aveva soltanto 15 anni, poi al Milan per vincere tutto

di MATTIA TODISCO -
18 agosto 2023
Gianni Rivera compie 80 anni

Gianni Rivera compie 80 anni

Milano, 18 agosto 2023 – Ottant’anni. Oggi. Li compie, Gianni Rivera, sfoderando la lucidità di una mente ben poco scalfita dall’età. Presente, ancora spavaldo. Un’emanazione fuori dal campo del fuoriclasse che ha regalato all’Italia gioie diffuse con club e nazionale. Fino agli ultimi Europei del 2021, era nella ristretta élite degli azzurri che potevano vantare un titolo di campione del Vecchio Continente, conquistato nel 1968 alla regia di una squadra che due anni dopo diventerà vice-campione del mondo, arrendendosi al Brasile solo dopo aver strabiliato il mondo nell’indimenticabile 4-3 alla Germania. Un’altalena, conclusa col piattone del Golden Boy, dell’Abatino, a seconda che vi piaccia un soprannome o l’altro. Rivera ha scatenato la fantasia dei calciofili, delle penne antiche ed erudite. Ancora oggi, forse più che di una partita di cui bisognerebbe riproporre i filmati dei supplementari a getto continuo per “scolarizzare“ le nuove generazioni, si discute della staffetta con Sandro Mazzola. Loro, i due protagonisti, ci ridono su da vecchi amici. L’Italia, invece, litiga e s’interroga tuttora sulla scelta di Valcareggi.

Rivera ha dato da scrivere parecchio, in ottant’anni. È stato una bandiera di cui vantarsi per i milanisti, Pallone d’Oro nel 1969, l’unico rossonero italiano ad ottenere il riconoscimento istituito da France Football nonché il primo del Belpaese a riuscirci, prima di Rossi, Baggio e Cannavaro (ufficialmente ci sarebbe anche l’oriundo Sivori che da argentino non avrebbe potuto vincerlo). Quell’anno sarà l’apice personale di Rivera. La ciliegina su una Coppa dei Campioni vinta contro un Ajax che nel decennio successivo marchierà il calcio mondiale di un segno indelebile. Ne aveva già alzata un’altra nel 1963, contro il Benfica di Eusebio, aggiungerà due Coppe delle Coppe e un’Intercontinentale (ancora quel fantastico ’69) in un’epoca nella quale andare a giocare contro le sudamericane oltreoceano era impresa da elmetto in testa. La sua classe resiste nell’immaginario collettivo persino ad anni meno fortunati, dietro la scrivania. nei quali vivrà l’onta della Serie B, ancor più triste perché arrivata proprio col suo Milan. Cercherà, con alterne fortune, anche la strada della politica, sportiva e non. Difficile, d’altra parte, ripetersi in altri settori agli stessi livelli toccati col pallone tra i piedi.

In una recente intervista ha detto che gli piacerebbe fare il commissario tecnico azzurro, sebbene tra tutti i volti del suo trascorso nel pallone gli manchi proprio quello dell’allenatore. Vorrebbe quella nazionale della quale è stato simbolo e trascinatore. Le ultime notizie non lo danno in pole position (eufemismo), pur col rispetto e la riverenza che i vertici del calcio italiano tributeranno sicuramente nella giornata di oggi, tra una telefonata e l’altra per accaparrarsi il ct che effettivamente andrà a sedersi su quella panchina.

D’altronde le chiacchierate a mezzo stampa di Rivera hanno lasciato parecchi ricordi nell’immaginario collettivo. Una a Beppe Viola resta forse l’unico esempio di intervista televisiva realizzata su un tram, nella Milano che lo aveva calcisticamente adottato e fatto crescere dopo gli inizi ad Alessandria. Altri tempi. I tram esistono anche oggi, ma un Rivera non riuscirebbe a salirci senza sottarsi all’assalto degli smartphone.

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