Ciclismo, Matthew Richardson diventa britannico: l'Australia lo banna a vita

Finisce nel peggiore dei modi tra il pistard e l'AusCycling, che aveva proposto all'Uci (che sapeva della novità da prima delle Olimpiadi) anche una squalifica di 2 anni per violazione della clausola di non competitività

di GIUSY ANNA MARIA D'ALESSIO
26 novembre 2024
Matthew Richardson (Ansa)

Matthew Richardson (Ansa)

Roma, 26 novembre 2024 - Proprio mentre l'Italia dello sci si 'mangia le mani' per aver perso Lara Colturi, che comincia a fare le fortune dell'Albania dopo la naturalizzazione per seguire mamma Daniela Ceccarelli in quella che è stata definita un'avventura familiare da proseguire in quanto tale, nel ciclismo si consuma la rottura insanabile tra Matthew Richardson e l'Australia.

Cosa è successo tra Richardson e l'Australia

E dire che le parti in estate hanno vissuto momenti bellissimi alle Olimpiadi di Parigi 2024, con ben 3 medaglie in carniere: per la precisione 2 argenti nel keririn e nello sprint individuale, oltre a 1 bronzo nello sprint di squadra. Praticamente il canto del cigno della prima parte di carriera del classe '99, che in realtà già in quei giorni portava avanti le pratiche per rappresentare la Gran Bretagna. In effetti, il tempo degli annunci non è lontano e arriva proprio dopo i Giochi, con la stessa Uci che accetta di buon grado la nuova causa sposata da Richardson, nato a Maidstone, nel Kent, da genitori inglesi, prima di trasferirsi a 9 anni in Australia per ragioni di lavoro del padre: la nuova vita del futuro asso della pista si consuma a Warwick, nella Western Australia, per un idillio che si spezza poco dopo la metà del 2024, quando Richardson decide di rappresentare la Gran Bretagna.

La risposta dell'AusCycling non si fa attendere ed è durissima, anche perché nel frattempo delle indagini interne hanno svelato che la stessa Federazione Internazionale era consapevole dell'imminente cambio di nazionalità del classe '99, proteggendo il suo segreto durante le Olimpiadi. Un doppio tradimento, come spiegato dai vertici del ciclismo australiano, rivolto anche ai suoi ex compagni di squadra e al resto dello staff, che a Parigi pare aver accontentato in tutto e per tutto le richieste di Richardson: per la precisione, una bicicletta personalizzata, una cabina di pilotaggio e una tuta da corsa olimpica portate via alla Nazionale oceanica ben prima degli annunci ufficiali, a quanto pare invece già ben noti al diretto interessato e all'Uci.

Di conseguenza, per Richardson da parte dell'AusCycling arriva un ban a vita, che quindi chiude la porta a un futuro ripensamento, oltre al mancato pagamento dei premi economici maturati a Parigi per la violazione della proprietà intellettuale legata a quei materiali australiani portati con sé in un'altra Federazione, che ha potuto così usufruire dei progressi tecnologici altrui. E dire che al 'neo britannico' sarebbe potuta andare anche peggio, perché in prima istanza l'Australia aveva provato a fare squalificare per 2 anni il suo ex beniamino in base alla violazione della clausola di non competitività. Niente da fare: Richardson ha debuttato nella sua nuova veste nella Tcl (la Track Champions League), un evento non dedicato alle Nazionali dopo il veto posto dall'Uci per i Mondiali di Ballerup a causa della mancanza della cittadinanza britannica. Uno step burocratico che sarà ottemperato nel prossimo futuro, con gli Europei di Zolder di febbraio già nel mirino.

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