Giro di Lombardia, 10 a Pogacar. Otto ai tifosi di Pinot. Le pagelle di Angelo Costa

Lo sloveno dà spettacolo e vince per la terza volta consecutiva. Oltre 2.500 tifosi del campione francese si sono riversati a Bergamo per la sua ultima corsa

di ANGELO COSTA -
7 ottobre 2023
Andrea Bagioli, Tadej Pogacar e Primoz Roglic

Andrea Bagioli, Tadej Pogacar e Primoz Roglic

Roma, 7 ottobre 2023 - Tadej Pogacar ha vinto il Giro di Lombardia per la terza volta consecutiva. Lo sloveno della Uae Team Emirates dopo 238 km di percorso, e i crampi, è giunto avanti di oltre un minuto Andrea Bagioli. Terzo Primoz Roglic. Pogacar raggiunge Alfredo Binda che vinse tre volte di seguito la classica e si avvicina a Fausto Coppi, che ne vinse quattro.

LE PAGELLE DI ANGELO COSTA

10 a TADEJ POGACAR

Con lui ci si diverte sempre, specialmente quando vince nel modo che non ti aspetti: stavolta se ne va nella discesa del Ganda, dopo aver persino fatto credere di essere in difficoltà. Più forte di tutti e di tutto (crampi, causa il grande caldo), è il primo dopo Coppi (e come Binda) a conquistare tre Lombardia in fila. Le cifre dicono che in stagione ha vinto 17 gare su 49, sei delle quali in linea (su tredici, tutte chiuse nei primi cinque), ma dentro ci sono Fiandre, Amstel, Freccia e Lombardia: roba da fenomeno.

9 a ANDREA BAGIOLI

Tra i più pimpanti della Soudal squassata dalle voci di mercato, conferma il suo buon momento facendo corsa di testa, sfruttando al meglio la libertà concessagli dai guai di Evenepoel. Senza sprecare energie, ma senza nemmeno soffrire in salita, a 24 anni arriva a giocarsi un piazzamento importante, un secondo posto in una classica monumento che in questa stagione avara per l’Italia fa il paio con quello di Ganna alla Sanremo. Col quale adesso condivide la missione di aiutare il nostro ciclismo a rialzarsi.

8 ai TIFOSI DI PINOT

Per l’addio al loro beniamino, che a 33 anni ha scelto di chiudere col ciclismo in una grande classica nell’amata terra italiana, già vinta in passato, hanno invaso Bergamo in 2500, regalando scene che soltanto il calcio offre per i match importanti. Con ben altro spirito: alla vigilia i coloratissimi francesi hanno cantato e ballato nel centro della città, poi si sono piazzati in cima alla salita di Colle aperto in Città Alta e hanno salutato il passaggio di tutti i corridori, trasformando la loro festa nella festa del ciclismo intero.

7 a REMCO EVENEPOEL

Al pupo belga le strade lombarde non dicono bene: tre anni fa nel finale aveva rischiato la pelle volando giù da un ponte, stavolta si gioca la corsa dopo venti chilometri, abbattuto dall’olandese Bax che chiude la sua giornata all’ospedale col femore rotto. Col passare dei chilometri l’ex iridato paga il peso della botta, ma pur avendo un grande alibi non si arrende, onora la corsa fino in fondo e si piazza nei primi dieci: solo per questo merita un grande applauso.

7 a MARTIN MARCELLUSI

E’ bravo a riprendere la fuga di giornata che nasce in avvio, è bravo a resistere con Healy fino a 40 chilometri dall’arrivo, quando si accende la corsa dei big. Non è una sorpresa, ma una conferma: fra Memorial Pantani e Gran Piemonte, davanti il romano si è fatto vedere spesso. A 23 anni conferma che piccoli italiani crescono, specialmente se ci sono team come la Green Project Bardiani Csf Faizanè della famiglia Reverberi che crescono i giovani con i tempi giusti.

6 a PRIMOZ ROGLIC

Dato da molti come favorito numero uno, se non altro per l’autorevolezza con cui si è imposto al connazionale Pogacar al giro dell’Emilia, non sembra fra i più duri quando il gioco lo diventa. Non brilla in salita anche se resta sempre lucido, sembra nascondersi in pianura per sottrarsi alla fatica della rincorsa, infine perde il secondo posto con uno sprint lunghissimo che finisce per penalizzarlo. Impegno e voglia ci sono, per mostrarsi nella versione migliore gli manca qualcosa.

4 a ENRIC MAS

Secondo un anno fa sul percorso inverso da Bergamo a Como, reduce da un buon Emilia e da una discreta Vuelta, veniva dato fra i papabili per l’albo d’oro. E invece esce di scena quasi subito: al traguardo mancano poco più di cento chilometri quando sul Berbenno lo spagnolo ammaina le vele in salita, il suo terreno prediletto. Non ci sono segnali di guai meccanici, né di incidenti di alcun tipo: semplicemente, non è giornata. Niente gambe, niente Mas.

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