Tour, le pagelle nona tappa: Woods e Pogacar da 10. Delusione per Ciccone

Woods comanda, Pogacar mette pressione a Vingegaard. E Ciccone spreca un'occasione

di ANGELO COSTA
9 luglio 2023
Pogacar e Vingegaard

Pogacar e Vingegaard

La nona tappa ha portato il Tour de France sul Puy de Dome in un atmosfera surreale vista l’assenza di tifosi a causa delle restrizioni imposte per le recenti rivolte in Francia. Ma chi sono stati i protagonisti della nona frazione? E che voti si meritano?

10 a MICHAEL WOODS. A 36 anni realizza il sogno di vincere al Tour, dopo esserci riuscito un paio di volte alla Vuelta. E’ il più forte in salita del gruppo che va in fuga fin dalla partenza e lo dimostra negli ultimi quattro chilometri, quando risucchia come un aspirapolvere chi è davanti. Sorprende chi sperava di farcela, non sorprende di vederlo lì, perché le corse dure sono il suo pane: piazzato a Liegi e Lombardia, in carriera ha chiuso al terzo posto il mondiale più tosto degli ultimi anni, nel 2018 a Innsbruck. Con l’esperienza dimostra che in certe giornate ride bene chi si muove per ultimo. 10 a TADEJ POGACAR. Non lo fermano né le pendenze dure, né la canicola, che spinge i suoi compagni ad annaffiarlo continuamente lungo la salita al Puy de Dome. Dato in crisi nella prima tappa pirenaica per aver perso un minuto, continua a reagire e per la seconda volta stacca Vingegaard, rosicchiando ancora un po’ della sua dote. Saranno anche solo otto secondi, ma sul morale del danese rischiano di pesare parecchio. 8 a TOM PIDCOCK. Con Bernal che continua a pagare l’anno di inattività, l’inglesino si regala una delle migliori giornate in montagna, viaggiando al passo dei più forti. Salendo il Puy de Dome davanti, risale anche la classifica, dove ora è settimo, tre passi indietro rispetto al suo compagno Rodriguez, altro giovinastro che non ha paura di restare nelle zone alte. E’ una Ineos che guarda avanti, in tutti i sensi.

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7 a MATTEO JORGENSON. L’americano vede sfumare negli ultimi trecento metri non solo la vittoria, ma l’intero podio, dopo aver anticipato i compagni d’avventura negli ultimi trenta chilometri e aver fatto l’intera ascesa sul Puy de Dome da solo al comando. La fatica gli presenta il conto sul più bello, quando il primo successo al Tour è a un passo. Col senno di poi si può dire che sia partito troppo presto, ma la sua corsa d’attacco merita almeno applausi. 6 a JONAS VINGEGAARD. Come già nel tappone pirenaico, non completa l’opera magistrale di una squadra superba, che lo porta in posizione di sparo dopo aver scremato la nobiltà della corsa con la sua andatura infernale. Quando tocca a lui ha un attimo di incertezza, un segnale di debolezza che Pogacar è bravo a cogliere. Chiude la giornata in attivo solo perché è bravo a difendersi e ad andare al riposo ancora in giallo. 5 a JAI HINDLEY. Fatica non poco a difendere il terzo posto, primo dei terrestri. E’ anche il primo del gruppo nobile a dare segnali di cedimento, su quelle pendenze che invece dovrebbero essergli amiche. Ci sta che abbia pagato il caldo torrido o una giornata storta, di salite per dimostrare che si è trattato soltanto di un episodio ne ha ancora parecchie. 4 a GIULIO CICCONE. Uscito di classifica nel tappone del Tourmalet, vira su un Tour di obiettivi più concreti, come la maglia a pois e una vittoria di tappa. Qui in un colpo solo rimanda entrambi, non riuscendo a entrare in una fuga dove c’è il primo della classifica degli scalatori (l’ottimo Powless) e soprattutto c’è la possibilità di andare all’arrivo perché i big lasciano spazio agli attaccanti. Occasione buttata via: per rimediare c’è ancora spazio, ma servirà anche più attenzione.

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