Battaglia per il Coni. Malagò al ritorno da Parigi: soltanto per me non è cambiata la legge sul limite dei mandati
Il presidente dovrà lasciare a maggio 2025: non pretendo favori, ma un trattamento equo come per altri. Escluso il passaggio alla presidenza della Federcalcio. E lui vorrebbe finire il lavoro che ha iniziato .
Roma, 14 agosto 2024 – "Contra personam". In questa estate olimpica per lui al tempo stesso gratificante e bizzarra, Giovanni Malagò è stato costretto a rispolverare gli studi di latino. Agli amici che lo hanno accolto al rientro da Parigi, il presidente del Coni l’ha spiegato evitando di cadere nel vittimismo: è curioso, si è limitato a segnalare, che una norma, quella sul limite dei mandati, sia stata cambiata per tutti, con tanto di deroga. Per tutti. Tranne uno. Lui.
"Contra personam". Dicesi di legge che alla fine varrà solo per un individuo. Cioè per il numero uno dello sport italiano, ottanta medaglie fra Tokyo e Parigi. Anche l’ottimo Luca Pancalli, il leader del comitato paralimpico, potrà usufruire della modifica. Malagò, no. Lui deve alzarsi dalla poltrona con eleganza, ha sottolineato il ministro Andrea Abodi, non esattamente un suo fan. Come cantava Enzo Jannacci? Ah, sì: vengo anch’io, no tu no. Ma perché? Perché no.
Nei giorni azzurri di Parigi, quando girava come una trottola da una gara all’altro, il mio amico Giovanni era stato schietto sull’argomento. "Non è che io pretenda un favore – aveva borbottato –. La deroga che è stata accordata a tutti gli altri prevede che per superare il tetto dei mandati un presidente uscente debba ottenere i due terzi dei suffragi. A me va benissimo, non ci sarebbe problema". Invece il problema c’è ed è grande come un grattacielo. Malagò ha dichiarato pubblicamente, in tutte le salse, che è convinto di poter guadagnare una rielezione plebiscitaria, o quasi. Il consenso, dice, io ce l’ho. I voti vengono espressi in sede Coni da federazioni e associazioni.
Certo non avrebbe mai, Giovanni, il suffragio di Paolo Barelli, potentissimo leader della Federnuoto, per capirci il capo dei plurimedagliati Thomas Ceccon e Gregorio Paltrinieri. I due notoriamente si detestano e Barelli in Parlamento conta qualcosa, in quota Forza Italia. E non è buono il rapporto con Angelo Binaghi, il presidente della Federtennis, leggi alla voce Errani, Paolini, Musetti, Sinner…
E allora? Allora torniamo al "contra personam", non riconducibile però alla intera area di governo. Malagò non è mai stato di sinistra ed esclude di essere sgradito a Giorgia Meloni, di cui ha molto apprezzato la visita a Parigi: banalmente ritiene che la politica, di qualunque colore, debba essere sì amica dello sport, tenendosi comunque a distanza di sicurezza. Il Cio su questo è molto rigido: le polemiche di taluni ministri sulla storia della pugile algerina hanno infastidito i vertici del comitato olimpico internazionale (di cui Malagò è membro permanente e tale resterà, a scanso di equivoci, anche in assenza di deroga).
Come andrà a finire? Non con uno spostamento al vertice della Figc (l’associazione che promuove il calcio in Italia). "Non esiste", ha risposto il presunto candidato, cioè sempre Malagò. Tra l’altro il pallone sceglierà il suo capo a novembre, Giovanni al Coni scade a maggio 2025.
Esatto, maggio 2025. A pochi mesi dalla Olimpiade Bianca di Milano e Cortina, già al centro di chiacchiere non sempre piacevoli. Doveva essere, al netto di scandali in Italia sempre in agguato, il fiore all’occhiello di un presidente eletto a sorpresa nel 2013 e confermato nel 2017 e nel 2021. Doveva, appunto. Ma c’è quello stramaledetto latinorum, come diceva Renzo Tramaglino a Don Abbondio nei Promessi Sposi. "Contra personam".