La rivoluzione è donna, l’Italia dei dodici ori a trazione femminile. È il Paese che cambia
A Parigi le nostre ragazze hanno conquistato sette primi posti. Il ct del volley Velasco: “Non tutti i maschi sono in grado di accettare questi successi”
C’è un medagliere speciale in cui l’Italia dei Giochi appena terminati a Parigi farebbe un salto pazzesco, grazie alla rivoluzione rosa. E ovviamente non si parla solo di sport, ma di società, di cultura collettiva: l’onda lunga è iniziata già da qualche anno, ma ormai è chiaro che almeno al vertice lo sport italiano è donna. Poi possiamo stare ore a discutere del fatto che le gare siano un ambito ristretto che non rispecchia la situazione reale del Paese, che alle medaglie olimpiche non corrispondano pari opportunità. Anzi, non discutiamo neanche: lo sappiamo già, che è vero.
Ma le rivoluzioni culturali si fanno con i simboli, e così è importante capire che a Parigi è andata in scena nella scalata ai podi una rappresentazione plastica dell’Italia che sta cambiando. "Su 12 medaglie d’oro 7 sono state conquistate dalle donne. Vite, storie, luoghi di nascita così diversi ma un unico fattore comune: l’eccellenza. Concrete, lucide, consapevoli, decise, agguerrite e bellissime!!! Queste donne che diventano modello, che lo devono diventare non solo nello sport, ma nella quotidianità di vita e lavoro", dice la presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, e sulla violenza di genere Martina Semenzato.
A proposito di femminicidio. Julio Velasco dopo aver vinto l’oro, domenica nel ventre dell’Arena Paris Sud 1 ha detto: "Non credo sia un caso che ci siano tanti femminicidi, le donne si stanno prendendo il loro spazio e non tutti gli uomini sono capaci di fare i conti con questa realtà dei fatti".
Ieri quando la squadra al rientro è stata accolta da un piccolo bagno di folla all’aeroporto ha aggiunto: "Queste atlete sono per le ragazze quello che i calciatori sono per i maschi". Ci torneremo.
I numeri citati da Semenzato sono quelli più abbaglianti, le medaglie d’oro vinte. Nel conto totale, mettendoci anche argenti e bronzi, i maschi hanno vinto di più. Ma nella classifica degli ori, che è poi quella con cui viene stilato il medagliere, i numeri sono quelli e segnalano un’Italia che sarebbe all’avanguardia nel mondo: nel tabellone delle sole medaglie femminili le azzurre risalirebbero all’ottavo posto assoluto (dal nono in cui l’Italia ha chiuso le gare), ma sono tra le poche nazionali ad avere una predominanza di donne sul primo gradino (7 a 3, gli altri due ori sono arrivati con squadre miste).
Come o meglio dell’Italia in proporzione hanno fatto soltanto Nuova Zelanda (8 a 2, il quadruplo degli ori sono al femminile), Australia (quasi il triplo, 13 a 5), Stati Uniti (26 a 13), e ancora Cina (19 ori a 17), Olanda (8 a 6), Corea (7 a 5), tra le nazioni più importanti a livello di risultati sportivi.
Ora, la lettura dei dati ovviamente deve tenere conto di tanti fattori. Prima di tutto sociali: mettere a confronto realtà così diverse è probabilmente impossibile, di sicuro non è soltanto questione di ricchezza diffusa o di impianti a disposizione, sarebbe una ricetta troppo facile.
La verità è probabilmente un’altra, e ha a che fare con il ruolo dell’esempio dei campioni cui faceva riferimento Velasco. Fino a qualche anno fa, prima che le eccezioni diventassero la regola, per molte bambine non era così facile avere modelli a cui ispirarsi: lo sport femminile ha nelle Olimpiadi la vetrina migliore, perché non ci sono tanti altri eventi che abbiano copertura mediatica e sociale paragonabile. Negli ultimi anni il calcio femminile ha beneficiato di un salto culturale perché la crescita della nazionale ha permesso a molte bimbe di scegliere uno sport in passato vissuto come esclusivamente maschile. La stessa cosa è successa con il rugby, ma soprattutto con la pallavolo e con la ginnastica. Le campionesse stanno davanti a prendersi le copertine, ma dietro c’è un piccolo esercito in marcia. Verso un mondo più rosa.
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