Ljubicic punta sul rosso. "Sinner adesso è super anche sulla terra battuta. Non ha più punti deboli”

L’ex coach di Federer commenta l’ascesa inarrestabile dell’azzurro: "Ha un modo unico di vivere le cose e fisicamente crescerà". Il docufilm su Ivan: "Sono scappato verso l’Italia da una guerra, è triste vedere che non finiscono mai"

di PAOLO GRILLI
30 aprile 2024
"Sinner adesso è super anche sulla terra battuta. Non ha più punti deboli"

"Sinner adesso è super anche sulla terra battuta. Non ha più punti deboli"

Ivan Ljubicic, croato ex numero 3 al mondo, per lunghi anni coach di Roger Federer, ora responsabile tecnico della federazione francese e commentatore per Sky, ha un’esperienza nel tennis grande quanto il Philippe-Chatrier, il Centrale del Roland Garros. Ed è inevitabile che una chiacchierata con lui cominci subito con l’argomento principe, Jannik Sinner. Con una premessa doverosa: l’intervista è stata fatta prima della partita di ieri sera contro Kotov.

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E’ iniziata la stagione della terra rossa. Dove può arrivare il nuovo eroe azzurro della racchetta?

"Ormai tutti lo dicono e mi aggiungo anch’io: Jannik è il migliore tennista in circolazione. Ma poi non è detto che vinca sempre. Perché perda, però, deve succedere qualcosa. I numeri dicono che la terra è la superficie su cui ha vinto meno, ma questo solo perché, in proporzione, si giocano meno tornei di questo tipo. E poi, il tennis che si vede in campo varia molto poco, ormai, da una superficie all’altra. Quindi Sinner potrà rimanere al top senza problemi".

Qual è il suo vero punto di forza?

"Per essere il migliore, devi averne tanti, non solo uno. Per me è unico nel modo di vivere le cose. E’ ovvio che è molto forte,. E consideriamo pure che potrà crescere ancora fisicamente, visto che ha ventidue anni. Ribaltiamo la prospettiva: per me Sinner non ha punti deboli".

Roma e Parigi potrebbero incoronare Jannik. Con chi dovrà vedersela?

"E’ un po’ presto per dirlo. A Montecarlo si è visto un grande Tsitsipas, un giocatore che trova nella terra rossa la sua superficie ideale per il ritmo dei suoi colpi. Entreremo al Roland Garos con quattro o cinque giocatori che potrebbero vincere e Jannik è tra questi. C’è Alcaraz, vediamo Nadal, purtroppo non è al cento per cento e a Parigi si gioca anche a tre set su cinque. Djokovic è più che mai motivato sugli obiettivi: Roland Garros, Wimbledon, Olimpiadi. Focalizzandosi in questo modo, il numero 1 Atp non è più il suo obiettivo primario. Bisogna giocare tanto per restare in vetta".

Berrettini può tornare ai livelli del 2021?

"E’ chiaro che la carriera di Matteo ha risentito molto degli infortuni. Se finalmente è riuscito adesso a capire come uscirne, è una bellissima notizia e potrà tornare a fare grandi risultati".

Lei ha allenato Federer. Cosa serve per guardare tutti dall’alto?

"Ambizione e disciplina, tanto lavoro di qualità. I più grandi campioni non pensano mai di essere arrivati. Sanno che o si migliora, o si peggiora. Non c’è una terza via, e serve flessibilità per adattarsi a nuove esigenze".

Federer in che cosa la stupiva, oltre che per il talento?

"Per la professionalità. Riusciva a essere sempre obiettivo nelle sue scelte, senza mai farsi prendere dalle emozioni. Anche nei momenti difficili. In questo modo anche noi che eravamo accanto a lui ci sentivamo a nostro agio. Gli anni delle sfide con Nadal e Djokovic sono indimenticabili, questi tre fuoriclasse hanno portato insieme il tennis dov’è adesso".

Un paio di anni fa ha fondato una sua accademia di tennis sull’isola di Lussino, in Croazia.

"Ne vado molto fiero. E’ un centro dove si può crescere e ci si può allenare al meglio in questi tempi di ritmi frenetici, di cellulari e di tablet. Lì c’è tranquillità, si riesce a parlare con tutto il nostro staff, non ci sono auto intorno".

In cosa può migliorare il tennis attuale?

"In questo momento si presta poca attenzione all’aspetto tattico e strategico del gioco. E’ molto curata la parte fisica e anche mentale, ma c’è molto altro. I ragazzi prendono ispirazione solo dagli highlights delle partite e si perdono molto".

Lei ha vissuto in prima persona l’esperienza della guerra, come raccontato dal documentario di Sky. A 13 anni è dovuto fuggire dalla Croazia per trovare rifugio in Italia e qui è iniziata la sua carriera sotto la guida di Riccardo Piatti. Come vive questo periodo di nuovi conflitti?

"E’ triste constatare come ci siano sempre guerre. Incredibile che ne inizino sempre di nuove. Non si riesce a capire che una guerra non ha mai un vincitore, rischia di trascinarsi in eterno. Io sono riuscito a reagire a questo dolore, è stato lo stimolo per crescere come persona e atleta".

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