Sinner-Djokovic, è la porta per un futuro diverso. Vincere per chiudere un’era
La semifinale di Wimbledon è uno scontro generazionale: Jannik ha l’occasione che vale la svolta di una carriera
Londra, 14 luglio 2023 – Proviamo a viaggiare nel tempo. Giusto di qualche ora per arrivare al pomeriggio di una domenica da ricordare. La domenica della finale di Wimbledon. E cioè de ’La Finale’ per eccellenza. In campo, Sinner e Alcaraz uno di fronte all’altro. Si guardano, sorridono tesi, si danno il ’cinque’. Il palleggio del riscaldamento, poi il primo 15 del match. Serve SInner perché ha vinto il sorteggio. Lancio di palla, la schiena che si inarca e il rumore dell’impatto con la palla. La finale che cambia per sempre la storia del tennis del nuovo millennio, è appena iniziata.
Bello vero? Per noi che tifiamo per il Rosso e per quelli che tengono per il VelociCarlos è un affresco straordinario. Tifo a parte però, sarebbe veramente un nuovo inizio. La fine di un’ epoca dominata dai Favolosi Tre, Roger, Rafa & Nole, e l’impennata di una rivalità al vertice del tennis Mondiale, con Rune a fare il ’nuovo Nole’ dal punto di vista del terzo incomodo tra Rogeristi e Nadalisti, così come accaduto negli ultimi lustri nella più straordinaria rivalità a tre dai tempi di Connors, McEnroe e Borg.
Sarebbe una finale epocale, quella tra Carlitos e Jannik. Sarebbe un angolo definitivo in grado di ripegare e riporre gli anni del Grande Dominio degli anni Duemila. D’altra parte, dal 2 febbraio 2004, quando Roger Federer salì sul trono per la prima volta, al 28 febbraio 2022 - ben 18 anni fa, pensate - quando Medvedev si prese la prima piazza Atp per la prima volta, soltanto una volta c’è stato chi ha osato interrompere il dominio dei Fab Three e cioè Andy Murray, dal 7 novembre 2016 fino al 20 agosto 2017.
Questo per arrivare a un numero straordinario che viene fuori dalla fantastica avventura di tre fenomeni: 908 settimane di dominio della classifica Atp complessivo. A buttarli giù dalla torre, ci hanno provato in tanti in questi venti e passa anni di dominio alternato tra trionfi Slam e record a manetta. Alcuni hanno addirittura smesso, altri ci hanno provato senza riuscirvi. E in ogni caso, ne abbiamo visti evaporare tanti di quelli che parevano gli ultimi dominatori della racchetta in grado di spezzare l’incantesimo. Abbiamo pensato potesse essere Zverev, o Tsitsipas, o lo stesso Medvedev. E, ancora prima, come non pensare a Stan Wawrinka, che perse la finale del Roland Garros nel 2017 con Nadal o Dominic Thiem, finalista sempre contro Rafa nelle due edizioni successive, fino al talento che sfiorò lo Slam, Robin Soderling, senza mai centrarlo e passato per la storia per aver battuto Nadal agli Open di Francia il suo regno, co n il quale perderà due finali proprio a Parigi.
Sì, ma torniamo a noi. Che bello sarebbe se oggi Sinner riuscisse a battere Djokovic? Difficile immaginarlo, se non tornando a quell’incredibile match dello scorso anno, quando Jannik pareva poter affondare la racchetta nel cuore tennistico del Djoker, dopo avergli rifilato un secco 6-2 nel secondo set e aver vinto il primo 7-5. Pareva fatta, ma la differenza tra un fenomeno senza eguali e un giocatore sta proprio nella capacità di ribaltare situazioni complicate come quella. Nole lo fece e certo non era la prima volta. Da lì però Sinner è cresciuto a dismisura. Con la coppia Vagnozzi-Cahill ha costruito un servizio potente e un’architettura di gioco assai più ampia e ricca di alternative rispetto al martello un po’ ripetitivo del passato. Gioca bene la palla corta, Sinner, sa abbassare e alzare il ritmo e molte altre cose. Ma la domanda è una soltanto: basterà?
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