Quando il campione è un problema. Da Egonu a Giorgi a Baggio: conflitti ed esclusioni eccellenti fanno l’altra storia dello sport

Convocazioni evitate, o non ottenute nonostante i meriti: la lunga lista delle stelle messe fuori .

di PAOLO GRILLI -
6 settembre 2023
Roberto Baggio con la maglia della nazionale

Roberto Baggio con la maglia della nazionale

Roma, 6 settembre 2023 – È una legge scritta nel manuale del perfetto sportivo: non c’è nulla al di sopra della nazionale. Ma la realtà del campo, e ancor più dello spogliatoio, finisce per rendere spesso conflittuale il rapporto fra il campione e la maglia del proprio Paese. 

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Non solo la questione economica entra in tackle contro il più sano idealismo. Va da sé che sono i club, principalmente, a foraggiare le stelle. Ma anche il fattore umano, con i talenti che devono sottostare al meccanismo delle convocazioni, e del giudizio di valore di un ct – quando non di uno staff – può complicare fino ad esiti clamorosi la relazione con la divisa più ambita.

L’ultimo caso parla, ovviamente, di Paola Egonu, star dell’Italvolley ’sospesa’ in azzurro in vista delle imminenti qualificazioni per Parigi 2024. Una mancata convocazione “concordata“ – il termine cerca di ammantare di positività i malumori crescenti intorno all’atleta – che non smonta certo il paradosso della fuoriclasse esclusa.

Nel 2016, a rifiutare l’azzurro, fu Camila Giorgi, tennista di punta del nostro movimento. Era alle porte la sfida di Fed Cup contro la Spagna, e lei disse no al capitano Corrado Barazzutti. Scattò la squalifica, con multa, da parte della federazione. Ma Camila non era già più tesserata Fit. Altro polverone, con i cavilli a prendersi la scena. Poi, la riconciliazione con l’azzurro.

Quello che non vestì Roberto Baggio nel finale di carriera. al Mondiale del 2002, e sarebbe stato il suo quarto, il ct Trapattoni non volle chiamarlo. Il Divin Codino si era infortunato gravemente al ginocchio ed era già 35enne, certo, ma il suo recupero era stato prodigioso. E una chiamata per meriti acquisiti forse avrebbe potuto compiersi, magari per garantirsi anche solo qualche minuto di qualità con Roby: per controbattere poi, magari, alle decisioni scellerate dell’arbitro Moreno.

Otto anni prima, e qui Baggio al Mondiale c’era eccome, l’espulsione di Pagliuca nel match contro la Norvegia a Usa ’94 portò il ct Sacchi a togliere subito dal campo il numero 10. Il genio “sacrificato“ per il bene della squadra. A Roby, del resto, succedeva già nei club, di essere quello più forte, ma scomodo. E dovette andare a stupire a Bologna e a Brescia per avere la certezza del posto in campo.

Un altro protagonista del momento, Roberto Mancini, da giocatore di grande livello visse un rapporto complicato, e di ben poca soddisfazione, con i colori azzurri. Quattro reti in 36 gare con l’Italia, con un solo Mondiale giocato in curriculum, ma senza poi mai scendere in campo, non sono certo uno score memorabile. All’origine dei contrasti, le intemperanze durante una tournée in Usa nel 1984, con Bearzot che poi lo escluse lungo tutta la sua gestione da ct. Nel 1998, toccò a Totti guardarsi il Mondiale dal divano.

Tutte le nazionali hanno una loro dark side. Roberto Baggio con la maglia della nazionale nel 2014, quello del dolorosissimo “Mineirazo“ per il Brasile.

Ma succede anche sulle migliori panchine, club compresi. Errori di valutazione, rapporti che faticano a decollare, il non detto che vince sulla chiarezza.Tutti ricordano la bocciatura di Thierry Henry, alla Juve, da parte di Ancelotti. Oggi l’ex campione allena la Francia Under 21. E ora non sarà facile nemmeno per lui, fare la lista.

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