Bucci Dagli assist a Doctor J allo Sferisterio
George, classe 1953, per indossare la maglia Fortitudo da italiano deve giocare per un’intera stagione nel campionato di Promozione
Dal Nassau Coliseum di New York alla palestra dello Sferisterio. Dal titolo Aba – c’è stato un tempo durante il quale le leghe professionistiche, negli Stati Uniti, erano addirittura due, non solo la Nba – ai carneadi del campionato di Promozione. Più che un sogno, sembra un incubo. Quasi una storia fantastica, ma in negativo. E’ una storia vera, invece, che riguarda una vera leggenda Fortitudo, George Bucci, detto Ercolino.
Il nostro nasce a New York il 9 luglio 1953 e quando finisce l’università, nel 1975, viene scelto dai Buffalo Braves che, in quegli anni, sono una delle franchigie Nba. Si è laureato in marketing al Manhattan College e, almeno inizialmente, preferisce il baseball al basket. Ma poi i canestri prendono il sopravvento anche se decide di non accettare le offerte della Nba. Giorgino sceglie la Aba e i Nets. E’ compagno di squadra di Julius Erving. Così bravo, Doctor J, che Bucci non si annoia nemmeno quando è in panchina.
Anzi, dalla panchina può ammirare le evoluzioni del Dottore. Il titolo Aba in tasca, poi lo sbarco nel campionato italiano di A1. Bucci diventa un idolo della Mens Sana Siena, che è il club con il quale firma. Ma in tutto questo, direte voi, tra Aba e campionato italiano di A1, come si arriva al torneo di Promozione e allo Sferisterio? Semplice, semplicissimo. Dopo aver segnato valanghe di punti con la maglia di Siena e lo status di straniero, George, il cui cognome tradisce evidenti origini nostrane, si sottopone al percorso per diventare italiano a tutti gli effetti.
Il fatto che i nonni siano originari di Abruzzo e Toscana non è sufficiente a trasformarlo in italiano. Bisogna fare qualcosa di più. Ecco allora che il percorso diventa peggio di una cura: perché George, prima di diventare italiano a tutti gli effetti, anche per il campionato di casa nostra, deve giocare una stagione nel torneo di Promozione.
Stagione 1984/85: Ercolino gioca le partite alle 10 del mattino, sul linoleum dello Sferisterio, davanti a poche decine di persone. Lui, che ha giocato di fronte a migliaia di spettatori, lui che è stato fianco a fianco con Julius Erving – che nel frattempo ha vinto il titolo Nba con i Sixers di Philadelphia – deve bere tre o quattro caffè. Non tanto per stare sveglio, quanto piuttosto per essere reattivo al punto giusto. La squadra, Elleppi Irnerio, è sponsorizzata da Germano Gambini, proprietario della Fortitudo. Mica facile resistere. Eppure George ci riesce e nel 1985, italiano a tutti gli effetti – prende casa in via Tagliacozzi – può debuttare con la maglia della Fortitudo. Dal 1985 al 1990 con la maglia Fortitudo per un totale di 162 partite e 3.089 punti. Tanto basta per diventare, prima dell’avvento di Carlton Myers, il miglior realizzatore della storia Fortitudo. Stagioni da protagonista al fianco di Nino Pellacani – del quale ammira la vena artistica – e Giacomo Zatti (del quale preconizza un futuro da titolare di un locale) sotto lo sguardo attento di Mauro Di Vincenzo.
E’ uno straordinario realizzatore, Giorgino, ma sa anche adattarsi a quello che vuole la squadra. Quando arriva in Fortitudo c’è, come punto di riferimento offensivo, John Douglas e allora Giorgino, che è un grande tiratore, si adatta al ruolo di regista. Appena il più giovane dei fratelli Douglas prende altre strade, Bucci si riprende il ruolo di bomber principe. Lega con Albertazzi, tiene a battesimo il giovane Dallamora, gioca al fianco di un’icona Nba qual è Artis Gilmore. Fa parte di quella Fortitudo che, prima dell’avvento di Giorgio Seragnoli – arriveranno una Coppa Italia, un paio di scudetti, qualche supercoppa e una sfilza di finali tricolori – diverte e confeziona l’operazione sorpasso.
Derby playoff con la Virtus, passa la Fortitudo, che arriva dalla A2, con il punteggio di 2-0. George è talmente bravo e duttile che, in difesa, in un derby, si adatta anche a una marcatura particolare. Viene spedito sulle orme di Renato Villalta, che sarebbe un lungo. Non propriamente il ruolo di Giorgino che, però, non solo si adatta, ma limita anche le capacità balistiche del capitano bianconero.
Chiusa l’esperienza in Fortitudo, torna in Toscana. Prima a Montecatini, poi di nuovo a Siena. In totale qualcosa come 8.030 punti, un bottino che gli consente di essere uno dei migliori marcatori di tutti i tempi.
Terminata la carriera, fa ritorno negli States. Il legame con l’Italia resta forte, fortissimo. Al punto che uno dei suoi tre figli, Ryan, viene nel nostro paese per giocare da italiano. Ryan – i fratelli sono Kris e Kara – gioca prima per Ozzano, anche agli ordini di Mauro Di Vincenzo, che era stato il coach di papà, poi per altri club. George, torna nello stato di New York. Accetta il ruolo di supervisor, fa politica nelle fila repubblicane e diventa una sorta di sindaco.
Ama girare per i parchi, a bordo di un camper, ricordando gli amici delle Due Torri e quei piatti che rendevano l’esperienza bolognese così piacevole.
(54. continua)
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