La ricetta di Dunston. "Umile e sempre unita. Ecco la mia Virtus»

Ore 18,45 A Istanbul i bianconeri affrontano il Fenerbahce. Bryant: "Eravamo la sorpresa, adesso tutti ci temono".

di MASSIMO SELLERI -
25 gennaio 2024
"Umile e sempre unita. Ecco la mia Virtus"

"Umile e sempre unita. Ecco la mia Virtus"

Bologna, 25 gennaio 2024 – A fine maggio Bryant Dunston compirà 38 anni ma, a vederlo in campo, il centro statunitense naturalizzato armeno esprime ancora l’energia di chi è nel pieno della sua carriera. Questo suo essere un ‘evergreen’ è uno dei fattori che stanno consentendo alla Segafredo di disputare una stagione importante anche a livello europeo.

"In realtà tutta la squadra sta producendo una buona pallacanestro – racconta – perché stiamo giocando bene soprattutto in difesa dove riusciamo ad adattarci in base all’avversario. Sentiamo la fiducia dell’allenatore ognuno di noi si fida del suo compagno. Il segreto è aver messo insieme questi aspetti seguendo le indicazioni del coach".

La squadra ha dimostrato di avere un’anima. Avete cambiato allenatore, poi la delicata questione legata a Polonara, e seguire tanti infortuni. Come ne siete usciti?

"Facendo un passo in avanti nel momento in cui era necessario farlo. A ogni difficoltà qualcuno di noi ci ha messo la faccia per il bene della squadra. Siamo andati in campo prima come gruppo e solo dopo come individui. Al di là dei risultati sappiamo che i tifosi si aspettano questo da noi: giocare per la maglia e non per se stessi. Non possiamo più nasconderci e se questa è la strada che ci ha portati fino a qui, non possiamo abbandonarla proprio ora".

Cosa deve fare la Virtus per restare ai piani alti dell’Eurolega?

"L’errore più grande che possiamo commettere è quello di avere troppa confidenza con quello che abbiamo fatto fino a qui. Dobbiamo rimanere con i piedi per terra. L’umiltà è stata la nostra forza e deve continuare ad esserlo. Sappiamo che gli avversari saranno ancora più concentrati su di noi, forse all’inizio ci hanno un po’ sottovalutato, ma adesso hanno visto quello che possiamo fare e cercheranno di fermarci. Non possiamo concederci il lusso di pensare che esista qualcosa di facile. Questi sono gli aspetti che consentono ad un ‘top team’ di restare tale".

Avete messo alle spalle tre ko di fila. Come avete scacciato le nubi di una crisi?

"Il coach e il suo staff hanno fatto un lavoro importante di analisi di quello che non ha funzionato. Abbiamo fatto una sessione di video molto lunga dove abbiamo visto i nostri errori e poi in allenamento abbiamo cercato di correggerli. Ognuno di noi ha cercato di fare quello che io descrivo come passo in più. Volevo arrivare per primo in palestra e, invece, c’era sempre un mio compagno che già si stava allenando. Ho provato ad essere l’ultimo, ma c’era sempre qualcuno che ci stava più tempo di me. Ognuno di noi ha pensato che doveva migliorare non per se stesso, ma per il bene della squadra".

I suoi compagni dicono che quando lei parla bisogna stare in silenzio perché c’è solo da imparare. Condivide?

"I leader indiscussi sono Belinelli e Shengelia. Quando parlo non lo faccio mai per offendere qualcuno, ma per aiutarlo. Penso che questo approccio sia quello giusto per migliorare la nostra stagione continuando a stare sulla retta via. Il nostro è uno spogliatoio molto aperto dove parlano tutti e dove tutti possono dire la loro. Abbiamo una sola regola: quello che ci diciamo deve essere costruttivo e, quindi, deve servire per la crescita della squadra".

Con l’Efes ha vinto due Euroleghe, ma l’accoglienza è stata fredda. Deluso?

"Non mi aspettavo nulla. Nella passata stagione si pensava alla possibilità che io potessi chiudere la carriera lì, ma questa eventualità non si è realizzata. Ho molti amici in Turchia e tra i tifosi dell’Efes e resteranno tali anche se adesso gioco per la Virtus. La cosa che non mi è piaciuta è che abbiamo giocato male".

Lei è nato negli Usa, ha il passaporto armeno, ha giocato in Israele, in Grecia dove si è sposato, in Turchia dove ha vinto tanto e adesso in Italia. Si sente cittadino del mondo?

"Sì, perché l’importante è essere contenti nel posto dove uno si trova. L’invidia e la gelosia sono sentimenti che non ti consentono di stare bene con te stesso. Se uno riesce ad apprezzare le cose positive del luogo dove è, può destinare tutte le energie solo alla pallacanestro".

E a Bologna cosa serve per essere felici?

"Sono contentissimo di poter fare il papà. Finito allenamento vado a prendere i miei figli a scuola, mi piace quando vengono a vedere la mia partita e quando posso passeggiare con loro. Siamo andati alla basilica di San Luca e mi è piaciuta. Il tempo privato è tutto per la famiglia".

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