L’autista di Maradona. "Si fidava solo di me, guidavo la sua Ferrari. E mi fece da testimone"
Giovanni Aiello: “Sono rimasto con lui per sette anni, dal 1984 al 1991. Mi pagò la cerimonia di nozze, al suo arrivo la chiesa diventò uno stadio. A Diego nessuno riusciva a dire no, quando lo facevo lui impazziva"
Roma, 19 febbraio 2024 – Ha visto Diego Maradona nei momenti più segreti. A Napoli per oltre sei anni (dal 1984 al 1991) Giovanni Aiello è stato l’autista del calciatore più forte della storia. El Pibe de Oro gli ha fatto da testimone di nozze, gli ha affidato le cure della figlia neonata Dalma (quando tutti i reporter del mondo bramavano una sua foto), insieme hanno fatto l’autostop dopo un maxi tamponamento con la Mercedes, hanno inviato ogni Natale gli auguri a tutti i presidenti, giocatori e dirigenti delle squadre dalla serie A alla C; Giovanni, quando Diego sparì e tutti lo cercavano, lo trovò addormentato dentro un ascensore. "Ogni giorno era un’emozione", racconta il 67enne partenopeo nel libro ’Come in un sogno’ (Collana World).
Aiello, come è diventato l’autista di Maradona?
"Esattamente 40 anni fa ero aiuto cameraman nella Maradona Production, società creata per realizzare un film sulla vita di Diego. Il suo entourage cercava un ragazzo che conoscesse bene Napoli: scelsero me".
La prima volta che incontrò El Pibe De Oro?
"Fu nell’albergo dove alloggiava, il Royal, dopo la presentazione al San Paolo. Avevo il cuore in gola, ero solo un 27enne, e andai a presentarmi. Lui mi disse: piacere, io sono Diego".
Come furono quei sei anni con Maradona?
"Faticosi, impegnativi, stupendi. Era talmente tanta la gioia di vivere con lui che anche l’impegno più gravoso non mi pesava. In quegli anni dormivo pochissimo alla notte, il telefono suonava sempre e avevo la borsa pronta per partire all’improvviso, anche in aereo".
Il viaggio più incredibile?
"Nel ‘90 una mattina Diego non riusciva ad alzarsi: ma dovevamo partire per Mosca, perché la sera dopo c’era la Champions con lo Spartak. Tutti provarono a convincerlo, ma niente. La squadra al pomeriggio partì senza di lui alle 15. Verso le 18,30 Diego arrivò nei nostri uffici: Gianni, partiamo. ‘Ma Diego, la squadra è andata’. ‘Non mi interessa, noleggia un aereo privato e domattina andiamo’. Così facemmo, vidi Diego dare 30 milioni di lire in mano al pilota sulla pista e arrivammo in Urss dopo 4 ore di volo traballante mentre lui giocava a carte".
Lei ha vissuto nello stesso pianerottolo di Diego.
"Il lavoro e la vita privata erano un unicum: stavo con mia moglie, intanto facevo firmare autografi, gli leggevo le lettere dei fan, facevo telefonate di lavoro e guardavamo la tv. Poi cercavo il momento migliore per fuggire dai tifosi assiepati h24 sotto casa".
Com’era una giornata di lavoro con Maradona?
"Arrivavo in ufficio alle 9 e alle 18,30 staccavo. Ma ero sempre reperibile".
E lo stipendio?
"Guadagnavo circa 1,2 milioni di lire. Nel ’84 le buste paghe erano basse".
In ‘ufficio’ con Diego non sapeva mai cosa poteva succedere, tra sparate e scaramanzie.
"Lui voleva sempre gli stessi vestiti prima delle gare. Un giorno mi chiamò da Cremona, avrebbero dovuto giocare il giorno dopo e il campo era ghiacciato. Chiedemmo alla Puma scarpini nuovi, ma era venerdì sera e nessuno rispose. Diego minacciò di giocare senza logo, dalla Germania la Puma ci mandò un aerotaxi solo per lui. A Capodichino la dogana era chiusa, ma riaprì solo perché erano gli scarpini di Diego".
Tra voi ci sono mai stati litigi?
"Certo. A Diego nessuno riusciva a dire ‘no’. Io ogni tanto ci provavo e lui impazziva. Amava guidare veloce e spesso mi diceva: Gianni oggi lascia fare a me. E poi succedeva di tutto".
Avete mai fatto incidenti?
"Sì, una volta fummo protagonisti di un maxi tamponamento. Diego mi lasciò lì e si mise a fare l’autostop per tornare a casa".
Che auto utilizzavate?
"Diego aveva un garage pieno: due Ferrari, con la Testarossa poi diventata nera, Bmw, Mercedes, Hyundai, Renault".
Dopo la Testarossa di Maradona, lei ha guidato altre Ferrari?
"No, mai più. Fu un’odissea andare a ritirare a Maranello quel bolide da 440 milioni di lire".
Per le strade di Napoli era il Far West quando passava Maradona.
"Era impossibile nasconderlo. I tifosi conoscevano le sue auto e quando partiva per andare all’allenamento, la folla si metteva in mezzo alla strada".
Qual è il regalo più bello che le ha fatto?
"Quando mi sono sposato lui ha fatto da testimone e mi ha regalato la cerimonia. Diego era molto generoso, anche se girava sempre senza soldi in tasca".
Temeva che Maradona non si presentasse alle sue nozze?
"Sì, infatti non l’avevo detto a nessuno che era il mio testimone e ne avevo ‘ingaggiato’ uno di riserva. Una settimana prima Diego non si presentò alle nozze di Ciro Ferrara. E io pensavo ‘figurati se viene’. Poi arrivò e la chiesa diventò uno stadio. Ma lui sbottò: silenzio, oggi il protagonista è Gianni".
Ora i calciatori stanno continuamente sullo smartphone. Qual era la passione di Diego?
"Adorava i videogame, solo che all’epoca erano consolle grandi piene di fili. Una volta era in ritiro con la Nazionale a Firenze, mi chiamò arrabbiato perché in stanza non c’era la tv: ‘Gianni, devi portarmela’. E così fu".
Dopo che lui ha lasciato Napoli nel 1991 vi siete più sentiti?
"Sì, sono stato anche una settimana a Siviglia con lui. Negli ultimi tempi a Napoli si percepiva che tutto stava finendo".
Cosa provò quel 25 novembre 2020, quando morì?
"Sono stato malissimo, mi chiamavano tutti per farmi le condoglianze. È finita male, non se lo meritava".
Chi era Maradona?
"Uno di famiglia, umile e buono. Quando lo conobbi credevo fosse un vip, invece no. C’era un Maradona e c’era un Diego: tutti hanno conosciuto il calciatore, io l’ho vissuto nella quotidianità".
L’ha mai visto piangere?
"Quando era con le figlie, quando perse la finale a Italia ‘90 e quando venne squalificato per doping a Usa ’94".
Dica la verità: a Italia ‘90 per chi tifava, gli azzurri o Diego?
"Per l’Argentina. Dopo la gara eravamo sul divano e lui disse alla moglie Claudia per prendermi in giro: secondo te Gianni per chi faceva il tifo? E lei: per te, Diego".
Qual era la sua grande paura?
"Temeva per il troppo affetto dei napoletani, aveva paura che succedesse qualcosa alla sua famiglia".
Lei c’era alla partita di Acerra nel fango?
"Sì, solo lui poteva giocare in un campo così. Il rischio di farsi male era altissimo, il Napoli non voleva andasse: così Diego pagò l’assicurazione (12 milioni, ndr ) per lui e altri calciatori".
Umiltà e bontà, lei usa questi termini per descrivere Maradona.
"Dopo una partita io e mia moglie, che era incinta, viaggiavamo con la squadra verso Napoli, ma sull’aereo dovevano venire anche ospiti di Luciano Moggi. Dissero a noi di scendere, ma Diego fermò tutti: ‘No, Luciano i tuoi ospiti li fai rimanere a terra, Gianni e Nia stanno con noi’".