Bologna, champagne e Champions. Lezione di calcio: Lazio strapazzata. Cinque gol e un quarto posto al sole

Apre Odgaard al 16’: nella ripresa uno-due immediato di Orsolini e Ndoye, poi la goleada con Castro e Fabbian. Italiano demolisce Baroni e scavalca Thiago: un anno dopo i rossoblù ancora in alto. Ora la sosta, poi il Venezia.

di GIANMARCO MARCHINI
17 marzo 2025
Apre Odgaard al 16’: nella ripresa uno-due immediato di Orsolini e Ndoye, poi la goleada con Castro e Fabbian. Italiano demolisce Baroni e scavalca Thiago: un anno dopo i rossoblù ancora in alto. Ora la sosta, poi il Venezia.

Apre Odgaard al 16’: nella ripresa uno-due immediato di Orsolini e Ndoye, poi la goleada con Castro e Fabbian. Italiano demolisce Baroni e scavalca Thiago: un anno dopo i rossoblù ancora in alto. Ora la sosta, poi il Venezia.

Champagne e Champions. Roba da ubriacarsi di felicità. Il Bologna fa cinque con la manina. Cinque, come i gol con cui la squadra di Italiano strapazza la Lazio di Baroni e la scavalca in classifica. Cinque, come le vittore di fila al Dall’Ara, ormai uno degli stadi più temuti d’Italia. Cinque, come le dita che scrollate fanno un bel "ciao": i rossoblù volano al quarto posto solitario e tanti saluti a tutte le altre. A cominciare dalla Juventus di quel Thiago Motta oltre il quale sembrava non ci potesse essere vita. E tanti saluti anche a tutti quelli che ritenevano Italiano soltanto un ripiego: nemmeno il primo, peraltro.

E, invece, eccolo là, il capopopolo Vincenzo. Con un sorriso grande come il Dall’Ara che lo ha letteralmente eletto a suo trascinatore. Nonostante il passato (importante) alla Fiorentina e nonostante il Paragone con l’artefice di una storica qualificazione in Champions, a sessant’anni dall’ultima volta. Un’impresa che doveva restare una gioia isolata, vissuta in primis dal popolo rossoblù con quel piglio da "e quando ci ricapita?". Ecco, rischia di ricapitare ancora. Perché questo Bologna sta rischiando di superare se stesso. Senza gli Zirkzee, i Calafiori, i Saelemaekers, ma con un gruppo diventato mentalmente ancora più forte, più consapevole e che - cosa ancora più impronosticabile - esprime un calcio persino più bello. E’ l’impresa eccezionale di una squadra dove tutti sono tremendamente utili e nessuno è indispensabile. Poi, certo, se Orsolini, Ndoye, Castro e Odgaard continuano così, tutti gli altri sono ben contenti lasciar loro la copertina.

Partiamo dal gigante danese che sembra sempre un po’ sonnecchiare dentro le partite fino a che non piazza la zampata vincente. Perché alla fine la piazza sempre, presto o tardi. Ieri ci ha messo 16 minuti per deviare in spaccata un arcobalendo disegnato da Miranda. Sesto gol in campionato, che si sommano ai dieci di Orso, ieri autore del bellissimo scavetto del 2-0 a inizio ripresa. Cifra tonda per il 7 rossoblù, sempre troppo sottovaluto (anche a Coverciano). Nemmeno un minuto dopo, ed ecco Ndoye a stendere i biancocelesti con la sua settima rete in serie A. Da sommare all’ottavo gol di Castro che di testardaggine buca la porta di Provedel dopo una partita di nervi e sgomitate con Romagnoli. Una liberazione per l’argentino che, però, si libera un po’ troppo, persino della maglia, che infatti gli costa il giallo: era diffidato e verrà squalificato. Al ritorno dalla sosta, Santi salterà la trasferta di Venezia, sperando che il Dallinga volenteroso visto ieri nel finale possa lievitare di condizione (problema fisico permettendo).

Nel dubbio, c’è un Fabbian che si candida a trequartista o falso nove, con la bellissima incornata che arrotonda la vittoria e fa esplodere i trentamila del Dall’Ara. Splendida l’azione corale avviata da Dominguez e Cambiaghi e rifinata da un’altra pennellata di Miranda per la testa dell’azzurrino. Tutto talmente bello da essere vero. Un anno dopo la Champions è nelle mani del Bologna. Dipinta dalla classe di quelli là davanti, e protetta dalla forza di quelli dietro: la coppia Beukema e Lucumi e la diga Ferguson-Freuler. I sogni sono al sicuro.

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