Bologna da leggenda: è Champions. Domina a Napoli, vola al terzo posto. Manca soltanto la Roma per la festa

Ndoye e Posch chiudono la gara dopo 12 minuti: Ravaglia para un rigore a Politano, poi si esalta su Osimhen. Se stasera i giallorossi non vincono a Bergamo, Motta è aritmeticamente nell’Europa più nobile. Tifosi in delirio.

di ALL’INVIATO -
12 maggio 2024
Domina a Napoli, vola al terzo posto. Manca soltanto la Roma per la festa

Domina a Napoli, vola al terzo posto. Manca soltanto la Roma per la festa

dall’inviato

Gianmarco Marchini

E’ stata la mano di Ravaglia. Ma anche quella di Thiago Motta. E con queste mani il Bologna può finalmente toccare il cielo. Per volare davvero, serve però l’ultima mano, quella della Roma: non dovesse vincere stasera a Bergamo, il sogno Champions sarebbe realtà per i rossoblù. Sessant’anni dopo. Roba da tramandare di generazione in generazione. "Io ho vissuto ai tempi di Thiago". E’ storia, è la Storia. Questo due a zero al Napoli un po’ come il due a zero all’Inter in quel 7 giugno. E’ finito il tempo di ascoltare: ora possiamo raccontarlo.

La partita del Maradona conferma il destino che entrambe le squadre si sono meritate in una stagione all’opposto: gli azzurri sommersi dai fischi del loro pubblico esausto e i rossoblù sotto il settore ospiti che canta "Ce ne andiamo in Champions League".

Traguardo meritatissimo, sacrosanto. Come il 2-0 di Napoli, maturato in dodici minuti e legittimato per il resto di una gara dove il Bologna si impone con il piglio della grande squadra che è oggi. Lo è diventata attraverso un percorso partito proprio da qui, nell’ottobre 2022, quando i rossoblù giocarono la prima vera partita alla Motta, pur cadendo 3-2 contro quella che poi si sarebbe rivelata la squadra scudetto da 90 punti di Spalletti. Ora questo Bologna è a più 16 da quella squadra. Mondi capovolti, con la forza delle idee e della bellezza. Da una parte un presidente tiranno e ostinato come De Laurentiis, dall’altra la grande democrazia del pallone governata da Joey Saputo. La differenza netta si riflette in panchina, tra un allenatore, Calzona, che non sa dove mettere le mani, e un altro, Thiago, che qualsiasi cosa tocca (nella formazione) la trasforma in oro.

Laddove gli altri vedono scelte discutibili, lui scorge il futuro. Fuori Skorupski, Beukema, lo scatenato Saelemaekers e ancora panchina per Orsolini: dentro Ravaglia, Calafiori, Urbanski e Odgaard. Ma questo è matto? La risposta la dà il campo: Odgaard confeziona il cross per il primo gol di Ndoye in serie A. Tre minuti dopo, Urbanski calcia il corner, Calafiori prolunga per l’incornata di Posch tornato il Posch di un anno fa, gol incluso.

Il resto lo fanno i guantoni di Ravaglia, promosso a sorpresa per Skorupski: come a San Siro in Coppa con Lautaro, il ‘cinno’ para il rigore di Politano (fallo di Freuler su Osimhen) che al 21’ avrebbe potuto riaprire la gara, poi fa un altro miracolo al 24’ della ripresa su Osimhen. E’ il Bologna del collettivo, il collettivo felicità. Il solista più bello, Zirkzee, sfiora il tris (Meret salva di piede), poi esce per un dolore al flessore della gamba sinistra che con ogni probabilità gli farà saltare quella che si apparecchia come la grande festa Champions, lunedì 20 con la Juventus. E’ l’unica smorfia in un sorriso gigantesco che lega i rossoblù e il loro popolo, meraviglioso anche ieri al Maradona dove pure diversi pullman hanno dovuto aspettare il 25’ per poter entrare. Ma questo Bologna e i suoi tifosi non si fermano davanti a nulla. Men che meno ai pronostici.

Se Allegri oggi non dovesse battere la Salernitana, Thiago avrebbe pure l’onore del terzo posto. Pazzesco solo a pensarlo all’alba di questo campionato, quando il Bologna veniva svuotato dei senatori e riempito di tante giovani scommesse. Le ha vinte tutte. Un tempo ci si accontentava del ’We are one’. Ora we are in Champions.

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