Cambiaghi, il predestinato. La foto a Berlino a 5 anni, i primi guizzi sul cemento. E quel legame con Sartori

Nicolò vide dal vivo l’Italia mondiale del 2006, poi la lunga scalata tra i grandi. A Bologna cerca la consacrazione: il direttore lo stima dai tempi di Bergamo.

di MASSIMO VITALI -
16 luglio 2024
La foto a Berlino a 5 anni, i primi guizzi sul cemento. E quel legame con Sartori

La foto a Berlino a 5 anni, i primi guizzi sul cemento. E quel legame con Sartori

A Vimercate dove ti giri c’è un Cambiaghi. Nicolò, classe 2000, non risulta essere però parente di Michela, che ha quattro anni più di lui e indossa le maglie dell’Inter e della nazionale azzurra. Stesso cognome, stesso destino? Per ora Nicolò si è fermato all’Under 21, ma chissà che il nuovo corso spallettiano non getti un occhio anche a lui. Di sicuro gli occhi fissi su di lui, da anni, li ha Giovanni Sartori, che il neo esterno rossoblù se lo è trovato a Zingonia, casa madre dell’Atalanta, dove Nicolò ha messo piede già all’età di nove anni, molto prima che arrivasse a Bergamo l’attuale uomo mercato rossoblù.

Le stimmate del predestinato però gli erano spuntate ancor prima, quando i Cambiaghi in estate lasciavano la Brianza e facevano armi e bagagli per la Calabria, destinazione Tropea. Il teatro delle prime gesta del Cambiaghi calciatore, quando Nicolò aveva solo otto anni, è stato un campo da tennis in cemento sul litorale calabrese. "Ci giocavo fino a tarda sera, tra le lamentele di chi aveva la casa che si affacciava sul campetto – ha ricordato spesso il classe 2000 –. Giocavo contro ragazzini che avevano cinque-sei anni più di me ma riuscivo sempre a dribblarli e ad andare in gol". Spiaggia e calcio-tennis: non è il barrio latino di Castro, ma si cresce anche così. Fino alla chiamata della Dea, che lo preleva dalla Vimercatese nel 2009. "Ho tante foto di allora – dice Nicolò –. Mi davano la maglia numero 10 e segnavo 3-4 gol a partita". Col destro, che è il suo piede preferito: anche se Nicolò se la cava anche con l’altro piede. Per questo è un esterno duttile che può giocare su entrambe la fasce. Destra o sinistra per lui fa poca differenza: la differenza vera la fa diventare più incisivi davanti alla porta, dal momento che il bottino complessivo tra Reggiana, Pordenone e due stagioni all’Empoli è di 15 gol in 12 partite.

Non di solo gol si vive però: a vent’anni contano anche gli insegnamenti e la Dea è una palestra di calcio e di vita che ne ha forgiati tanti. "Con i nerazzurri ho fatto tutte le categorie – dice Nicolò – dai pulcini alla Primavera". In prima squadra però non ha mai debuttato, limitandosi a una manciata di panchine. Anche così, tuttavia, ha respirato il calcio dei grandi. "Ricordo che Barrow una volta mi disse: ‘Stai sul pezzo, perché Gasperini è imprevedibile e potrebbe anche farti debuttare...’. E nel ritiro di Clusone con la prima squadra ricordo la strigliata del Papu Gomez. Io sono fissato col doppio passo, quando punto l’uomo tendo a farlo sempre. Ma Gomez quella volta mi riprese: ’Sei veloce, ti basta un tocco per spostare la palla’".

La semplicità è l’arte dei grandi: ma poi ci sono quei giorni che disegnano un destino. Come il 9 luglio 2006, Italia-Francia finale dei Mondiali a Berlino, Nicolò col padre nella tribuna dell’Olympiastadion. Presto sarebbe diventato un fan di Messi, Chiesa e Insigne, i suoi tre i idoli. A ventitré anni c’è tutto il tempo per sognare.

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