La rivincita di Riccardo. Numeri da Signori e lavoro. Così la leggerezza di Orsolini ha convinto il severo Motta

L’infortunio, il ritiro saltato, i dubbi del suo tecnico ("Non so se e quando torna"): il numero 7 si è rimboccato le maniche per recuperare il suo posto nel Bologna. Il tris all’Empoli sancisce il suo ritorno. E sabato cerca un altro scherzo a Inzaghi.

di MASSIMO VITALI -
3 ottobre 2023
Numeri da Signori e lavoro. Così la leggerezza dell’Orso ha convinto il severo Motta

Numeri da Signori e lavoro. Così la leggerezza dell’Orso ha convinto il severo Motta

Resilienza è la parola chiave. Tra Pippo Inzaghi che voleva farne una mezzala (esperimento per fortuna naufragato), Mihajlovic che non perdeva occasione per redarguirlo in sala stampa e Motta che oggi pretenderebbe di farne un devoto soldatino alla Aebischer, la resilienza Riccardo Orsolini potrebbe tranquillamente scriverla sui propri documenti di identità alla voce ‘segni particolari’. Che poi non occorre andare così lontano nel tempo per cogliere la capacità dell’Orso di saper resistere, senza perdersi, agli urti del destino.

Due mesi fa, nel dopopartita dell’amichevole di Utrecht finito negli annali rossoblù (era il 2 agosto), Thiago dopo aver sbolognato Barrow disse testualmente: "Orsolini è infortunato e non so se e quando tornerà...".

Non proprio l’assist più efficace per un ragazzo che, sospeso nel limbo di un rinnovo di contratto atteso da mesi, un giorno sì e l’altro pure poteva tramutarsi in pedina di scambio sul mercato.

L’Orso in quei giorni sudava nella canicola dell’Isokinetic, alle prese con una tendinopatia all’adduttore che forse con meno stravaganza si sarebbe potuta definire pubalgia e che comunque lo costrinse a saltare a piè pari il ritiro di Valles e buona parte della preparazione. Erano anche i giorni in cui se a Motta avessero chiesto chi sacrificare, tra Orsolini e Dominguez (i due ‘renitenti’ al rinnovo), alla voce uscite il tecnico non avrebbe avuto esitazioni: se proprio è inevitabile meglio perdere Orso. Questione di due modi opposti di vivere e interpretare il calcio.

Agli occhi di Motta, che ha un’etica del lavoro feroce, Orsolini è un talento pieno di potenzialità ancora inespresse che potrebbero diventare realtà se solo il ragazzo si convincesse che concentrazione e continuità, in partita come in allenamento, non sono pittoresche manie dell’allenatore ma caratteristiche essenziali per diventare un calciatore completo.

Al contrario, per il suo modo spensierato di vivere il calcio come la vita, Orsolini, che resta un professionista esemplare, probabilmente vede Thiago come il ginnasiarca di un collegio svizzero che se sbagli l’esercizio ti fa fare cento flessioni. Mondi distanti, che domenica a fine partita si sono sciolti in un sorriso complice e pieno di sottintesi, come a volte fanno i professori inflessibili con gli allievi un po’ discoli. Dopodiché non c’è allenatore al mondo che rinunci a cuor leggero al capocannoniere della passata stagione. Motta ha semplicemente aspettato che Orsolini ritrovasse una condizione accettabile e dopo tre panchine di fila gli ha ridato una maglia da titolare. Titolarità fissa? Tutt’altro.

Intanto sabato c’è il viaggio in casa Inter e nell’ultimo incrocio a stendere i nerazzurri al Dall’Ara fu proprio Orsolini (1-0: era il 26 febbraio). Thiago non ama le posizioni di rendita, però apprezza la storia. E la storia dice che era dai tempi di Beppe Signori che un calciatore rossoblù non andava in gol in serie A per sei stagioni di fila. Quasi vent’anni dopo c’è riuscito l’Orso ritrovato.

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