L’esperto di diritto sportivo aveva cominciato come fischietto. "Fu lui a dirmi in modo schietto e diretto, se vuoi svoltare datti all’avvocatura, perché come direttore di gara...». Grassani: "Vi racconto Armienti, il papà degli arbitri»

L'articolo racconta dell'intitolazione della sezione Aia di Bologna a Roberto Armienti, mentore e padre per centinaia di arbitri. Mattia Grassani ricorda con affetto il suo rapporto con Armienti, sottolineando la sua intelligenza e schiettezza.

di MASSIMO VITALI -
10 settembre 2024
Grassani: "Vi racconto Armienti, il papà degli arbitri"

L’avvocato Mattia Grassani (Schicchi)

"Per me Roberto Armienti è stato un mentore, un compagno di vita, un padre. E un padre lo è stato anche per quelle centinaia di arbitri che negli anni hanno frequentato la sezione di Bologna che adesso porta il suo nome". Pochi sanno che Mattia Grassani, luminare di diritto sportivo che da vent’anni sbroglia le più intricate matasse giudiziarie del calcio, è stato e continua ad essere, in quella modalità speciale di partecipazione che è tipica delle giacchette nere, un arbitro. C’era anche lui, sabato, tra i cinquecento ospiti della cerimonia di intitolazione della sezione Aia di Bologna, oggi retta da Antonio Aureliano, al fischietto scomparso lo scorso febbraio all’età di 82 anni.

Avvocato Grassani, in che modo Armienti era padre degli arbitri?

"Li conosceva tutti per nome, sapeva ogni particolare della loro vita, anche privata: se avevano la fidanzata o dove trascorrevano il tempo libero. Un data base vivente".

Il suo rapporto con lui?

"Sono rimasto quattordici anni nell’Aia e mi sono ritirato dopo due stagioni alla Can D, però il percorso che ho fatto insieme a Roberto è durato quarantadue anni, dal 1982 al 2024. La cosa che più mi colpiva di lui era l’intelligenza sopraffina. Roberto conduceva qualsiasi ragionamento con una lucidità impareggiabile e sapeva su quale terreno portare il suo interlocutore per arrivare a una conclusione impeccabile. Aveva una testa fuori dal comune".

E fuori dagli schemi erano sia l’uomo che il dirigente.

"Schiena dritta, zero smancerie per ottenere vantaggi personali: le cose te le diceva sempre in faccia. Come quella volta che mi vide arbitrare nelle Marche insieme a una colonna della sezione come Ermanno Amorati. A fine partita Amorati parla un quarto d’ora per elogiare la mia prestazione. Poi prende la parola Armienti: ‘Grassani, dammi retta: se hai una possibilità di svoltare nella vita datti all’avvocatura a tempo pieno perché come arbitro sei davvero scarso’. La sua profezia si è avverata".

Quali flash sceglierebbe da l suo album dei ricordi?

"Troppe le serate, trascorse nella sua Loiano con l’amata moglie Giovanna, troppe le domeniche nelle quali si litigava per questioni regolamentari e decisioni arbitrali. Una volta in studio gli presentai l’allora presidente della Lega Nazionale Dilettanti Carlo Tavecchio e fu amore a prima vista. Mi disse: ‘Questo Tavecchio è un vulcano, forse anche più di me’".

L’ultimo tratto del viaggio insieme è stato toccante.

"La malattia ne aveva addolcito il carattere. Quando lo andavo a trovare lo accarezzavo e gli stringevo le mani: cose che mai prima mi avrebbe permesso. Oggi leggo il suo nome sulla targa della sezione e ne vado fiero".

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