Morto a 82 anni Roberto, colonna degli arbitri bolognesi. L’Aia piange Armienti, un maestro mondiale. Rizzoli: "Come un padre»

La scomparsa di Roberto Armienti, figura di spicco nell'ambito arbitrale bolognese, lascia un vuoto nella storia della sezione Aia di via Rotonda Italia. Il suo contributo alla formazione di giovani arbitri e il suo carattere burbero ma umanamente carico di passione vengono ricordati con affetto e riconoscimento.

27 febbraio 2024
L’Aia piange Armienti, un maestro mondiale. Rizzoli: "Come un padre"

L’Aia piange Armienti, un maestro mondiale. Rizzoli: "Come un padre"

Senza Roberto Armienti è come se la bella palazzina della sezione Aia di via Rotonda Italia avesse perso la sua mattonella più importante. E la casa degli arbitri bolognesi più di quarant’anni della sua storia secolare. Fischietto, e cazzuola. Armienti, che se n’è andato ieri mattina nella sua casa di Loiano all’età di 82 anni (era nato il 21 aprile 1941), la casa degli arbitri bolognesi l’aveva costruita con le sue mani, insieme a una fantastica squadra di ragazzi che nel weekend arbitravano le partite e nel tempo libero impugnavano, per l’appunto, la cazzuola per edificare la loro nuova sede su un terreno messo a disposizione dall’amministrazione Zangheri. Nel giugno 1984, nel giorno dell’inaugurazione, Armienti gongolava felice, uomo tuttofare dell’allora presidente di sezione Ferdinando Reggiani. Armienti lo sarebbe diventato a sua volta nel 1988 per un biennio e poi, successivamente dal 1998 al 2006, vestendo anche i panni del Cra regionale e appuntandosi al petto, nel 1997, una Stella d’Argento del Coni. Ma limitarsi a incarichi e titoli sarebbe riduttivo.

Armienti è stato il demiurgo di un giovanissimo Pierluigi Collina (prima del suo passaggio alla sezione di Viareggio) e poi di Nicola Rizzoli, di cui ha accompagnato quasi tutta la carriera. I due bolognesi che hanno arbitrato una finale dei Mondiali erano il suo fiore all’occhiello ma Roberto, nel suo martellante lavoro quotidiano, era lo stampino su cui si formavano gli arbitri della cosiddetta ‘base’. Duro, inflessibile, spigoloso, non incline ai compromessi, amico inseparabile del ‘totem’ Luigi Agnolin, Armienti era un burbero che dietro i baffoni nascondeva una grande carica di umanità e che i giovani arbitri li forgiava con una passione e una dedizione che oggi rendono orfani tanti dei suoi ragazzi. "Con lui ho perso un fratello maggiore – ci dice Aureliano mostrandoci foto ingiallite della vita di sezione –. Il nostro lungo viaggio nel mondo arbitrale io e Roberto lo abbiamo fatto praticamente insieme".

"Lui mi ha fatto lui il corso arbitri – gli fa eco Nicola Rizzoli –. Per me era come un secondo padre". Lo piange anche Mattia Grassani, che prima di diventare principe del diritto sportivo è stato arbitro, alle sue dipendenze: "Abbiamo cenato insieme sabato a Loiano, Roberto era molto provato ma ha lottato fino all’ultimo". La malattia negli ultimi anni aveva spento la sua voce ma non aveva fiaccato il suo carattere. La sezione Aia ha chiesto al presidente del Crer della Figc, Simone Alberici, che venga osservato un minuto di silenzio, nel prossimo weekend, sui campi di tutta la regione.

Domani i funerali, alle 15, nella chiesa dei santi Giacomo e Margherita di Loiano. La camera ardente sarà allestita dalle 13,30 nell’ospedale di Loiano.

Massimo Vitali

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