Un Thiago da impazzire: "Grazie davvero, Bologna". Una città sogna con lui. Ma il futuro è un rebus

Nella festa a Casteldebole, al ritorno da Napoli, Motta è stato sommerso dai tifosi. Lui ha risposto con affetto. Cosa farà la prossima stagione, però, resta un mistero

di MASSIMO VITALI -
13 maggio 2024

Bologna, 13 maggio 2024 – Stranino, geniale, imprevedibile, a suo modo unico. Con quel fare originalissimo che ti spiazza sempre, come spesso succede alla lettura delle formazioni. Sabato notte, quando l’onda dei tremila tifosi rossoblù ha invaso Casteldebole per festeggiare un traguardo Champions (video) che in quel momento, ancorché vicinissimo, era ancora virtuale, Thiago Motta era un uomo orgoglioso del suo capolavoro ma anche desideroso di infilarsi sotto le lenzuola per uno strameritato riposo. Ai tifosi che lo acclamavano ha detto: "Lo dico anche a nome dei miei giocatori: grazie di essere venuti, grazie del sostegno. E non solo del sostegno che ci date adesso ma anche di quello che ci avete dato nei momenti difficili. Ma adesso devo uscire...". Che era una preghiera educata di sgomberare i cancelli per poter lasciare con la propria auto Casteldebole.

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Un Thiago da impazzire: "Grazie davvero, Bologna". Una città sogna con lui. Ma il futuro è un rebus
Un Thiago da impazzire: "Grazie davvero, Bologna". Una città sogna con lui. Ma il futuro è un rebus

Inevitabile, il giorno dopo, la domanda delle cento pistole, una domanda a cui da mesi il diretto interessato ha scelto di non dare una risposta: lo splendido protagonista della cavalcata Champions a luglio guiderà ancora il Bologna sui sentieri dorati dell’Europa?

La Champions messa in cassaforte in anticipo in teoria dovrebbe accelerare i tempi delle sue riflessioni, fatalmente ancorate non solo alle prospettive di crescita che gli prospetterà Saputo, che in questi giorni è in Canada, ma anche alle sirene dei tanti club, più in Europa che in Italia (eccezion fatta per il tormentone Juve), desiderosi di offrigli una panchina.

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Thiago fin qui è stato una sfinge e lo è stato anche nella notte del trionfo di Napoli. Però il tempo delle decisioni finali si avvicina e a Casteldebole c’è il legittimo bisogno di avere una risposta dal tecnico prima di virare su un eventuale sostituto, il famoso piano B a cui per non farsi cogliere impreparati Sartori e Di Vaio stanno lavorando da settimane.

Intanto Motta si gode la Champions. Parteciparvi non è come vincerla. Ma parteciparvi alla guida di un Bologna che in tutta la sua ultrasecolare storia la Coppa dei Campioni l’ha frequentata, sessant’anni fa e di sfuggita, una sola volta è un po’ come averla già vinta. Nel dubbio il Thiago Motta calciatore la Champions League l’ha alzata al cielo due volte, col Barcellona nel 2005-2006 e con l’Inter nel 2009-10. Tutt’altro mestiere quello del Motta allenatore, demiurgo formidabile di un gruppo che ad agosto sembrava la copia sbiadita di una squadra di calcio, incompleto nella rosa e non ancora sfiorato dalla rivoluzione del mercato, e nove mesi dopo si ritrova catapultato nell’elite del calcio europeo. Ma è il bello del calcio, che a volte è stranino (l’etichetta affettuosa che Saputo ha affibbiato al suo allenatore) ma che quasi sempre è meritocratico.

E i meriti di Motta in questa stagione che sta per volgere al termine sono da statua equestre in piazza Maggiore: 1) ha centrato un traguardo dai contorni sportivi impensabili; 2) ha plasmato un gruppo, all’insegna dell’uno per tutti e tutti per uno, che si è dimostrato capace di reggere a tutti gli urti del destino; 3) ha risvegliato la passione di una tifoseria sciorinando un calcio dominante, a tratti irresistibile ma soprattutto tremendamente efficace; 4) ha moltiplicato il valore dei suoi calciatori, dato non trascurabile in un calcio che deve sempre più spesso recintare le ambizioni nel perimetro dei bilanci.

Stranino, rivoluzionario, a volte impenetrabile, ‘hombre vertical’ nella gestione del gruppo, profeta del noi e nemico dell’io, in sala stampa ermetico come un verso di Ungaretti ma anche iconico in certe sue ‘non risposte’ accompagnate da mimica facciale, martellante in altre ("testa alla prossima partita") e in ogni caso poco incline ai salamelecchi e ancor meno malleabile nel rapporto con i propri dirigenti. La sua stagione in campionato è cominciata con una sconfitta casalinga col Milan, alla prima giornata, e un furto acclarato subito sul campo della Juve, alla seconda, che potevano apparire come le avvisaglie di un’annata problematica. E invece da lì in poi Thiago ha messo il turbo, chiudendo il girone d’andata quinto e addirittura accelerando dopo il giro di boa, tanto da agganciare un quarto posto che da fine gennaio il suo Bologna non ha più mollato e che oggi vale il coronamento del sogno Champions.

L’unica macchia sullo sfavillante abito da festa che Motta ha cucito addosso a questo Bologna è stata l’uscita di scena in Coppa Italia, a gennaio, per mano della Fiorentina, quando l’ambizione rossoblù al Franchi si infranse su tre legni colpiti e sul penalty sbagliato da Posch nell’impietosa roulette finale. Resta però, indelebile, l’impronta di Thiago su una stagione che è già nella storia. Tra sessant’anni si ricorderà l’anno di Motta, in cui il Bologna (ri)conquistò un posto tra le Grandi del continente. E pazienza se l’uomo amava più Urbanski che Karlsson. Le strade per il paradiso spesso sono lastricate di misteri.

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