Carlo Mazzone, mister del popolo e dei campioni. Quella folle corsa sotto la curva dell’Atalanta

Da Baggio a Signori, ha allenato i più grandi e lanciato Francesco Totti. Il primato di panchine (792) in A. A Brescia si lanciò verso i tifosi dell’Atalanta dopo lo storico 3-3. Un minuto di silenzio su tutti i campi

di GIUSEPPE TASSI
19 agosto 2023

La celebre corsa scatenata di Carlo Mazzone sotto la curva dell’Atalanta, il 30 settembre 2001 a Brescia, dopo il gol del pareggio segnato da Baggio

Bologna, 19 agosto 2023 – “Se famo er terzo, vengo sotto la curva". Detto e fatto. È il 30 settembre 2001 e Carlo Mazzone, detto er Magara, lancia la sua promessa in vernacolo romano. Così quando il genio della lampada, Roberto Baggio, firma con una diabolica punizione delle sue il 3-3 del Brescia, il sor Carletto corre sotto la curva atalantina con la foga di un centometrista per esultare come il più scatenato degli ultras. Un balletto di gioia sfrenata, uno sberleffo ai tifosi avversari che lo avevano insultato per tutta la partita. Quando l’arbitro Collina lo aspetta al centro del campo con il cartellino giallo, Mazzone si espelle da solo: "Buttame fori, me lo merito". Ma col cuore gonfio di gioia. In questo siparietto, che ha il sapore di una parabola, c’è tutta la schietta umanità di un personaggio che avrebbe meritato la panchina d’oro della simpatia, della naturalezza e della spontaneità. In un mondo popolato di personaggi di plastica, la ruvidezza di Carletto, romano di nascita e ascolano di adozione, scomparso oggi a 86 anni (la Figc ha disposto un minuto di silenzio su tutti i campi nella prima giornata di campionato), rappresenta un valore assoluto, un patrimonio che il popolo tifoso, prima di ogni altro ha apprezzato fino in fondo. "Era il custode dei valori più sani dello sport" l’omaggio della premier Giorgia Meloni.

L’Italia intera lo ha amato in modo trasversale per le sue tante panchine (Ascoli, Fiorentina, Catanzaro, Lecce, Pescara, Cagliari, Roma, Napoli, Bologna, Perugia, Brescia, Livorno) perché Mazzone ha impersonato sempre il donchisciotte di provincia che si batte contro i mulini a vento e i poteri forti del pallone. Perché ha continuato ad amare il calcio e il suo giocoso mistero fino all’ultimo giorno di vita. Come se le 792 partite in Serie A (record assoluto) non pesassero come un macigno ma fossero il tributo dell’uomo al suo personalissimo demone.

La sua storia sportiva lo ha aiutato a confezionare il personaggio picaresco interpretato per una vita sui campi di calcio. Prima come mentore dell’Ascoli di Costantino Rozzi, cantato in TV da Tonino Carino. In quella città che delira per il pallone le salvezze valevano come scudetti. E il sor Magara era il profeta perfetto di quel sentimento popolare. Ho conosciuto decine di allenatori lungo il mio percorso professionale ma in nessuno ho trovato la traccia di umanità profonda e di calore del sor Carlo. Lui che amava il calcio e lo trattava come una scienza semplice, lasciando la porta aperta al talento dei campioni. Nella sua avventura alla Roma fu lui a scoprire e valorizzare Totti ("Padre, mister, maestro. Semplicemente Carlo Mazzone. Eternamente grazie Mister" il ricordo del Capitano), a Bologna dispensò sogni con il trio Signori, Andersson, Kolivanov guadagnando una semifinale di Uefa. Al Brescia (dove ha anche allenato un Guardiola ormai a fine carriera) esaltò gli ultimi fuochi di Baggio: quando state in difficoltà date la palla a lui... Era il suo un calcio ruspante, senza tatticismi esasperati. Ma con l’ambizione di produrre risultati e un gioco capace di infiammare il pubblico. Un progetto che realizzò perfettamente al Bologna, sotto le insegne di Gazzoni, prima di impantanarsi in una incredibile retrocessione che era ancora il suo cruccio.

Ma lui era nato per combattere, per rincorrere sogni. E così, dopo quella delusione profonda, partì per altre avventure nella provincia del calcio, a cavallo della sua eterna passione. Buon viaggio Carletto.

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