Dai pirati alle palle spaziali. Baldini benda il Pescara. Quelli che lo fanno strano
Viaggio tra gli allenatori fuori dagli schemi: le galline al guinzaglio di Pugliese, la gabbia di Orrico, le scalette di legno di Viciani e i palloni da pilates di Runjaic.
I calciatori del Pescara che si allenano indossando una benda nera che copre solo un occhio è solo l’ultima idea di Silvio Baldini, allenatore innovativo e vincente che sogna di riportare in B gli abruzzesi. Lo scopo è aumentare le difficoltà riducendo il campo visivo, spingendo i giocatori a trovare nuove soluzioni di gioco. Silvio non è però nuovo a queste idee controcorrente, negli anni Novanta al Forte dei Marmi e al Viareggio in Serie C2 i suoi giocatori sprintavano agganciati all’altezza dei fianchi a copertoni di auto, aumentando la resistenza alla corsa. D’altronde, Baldini è un discepolo di Corrado Orrico, l’uomo che inventò la gabbia.
L’idea primordiale di questa struttura chiusa che teneva sempre il pallone in gioco la ebbero a Livorno con le sfide estive ai bagni Pancaldi giocate da Armandino Picchi e da tanti compagni della grande Inter. La sfera era sempre in movimento sotto un sole cocente. Orrico, il mago di Volpara, la usava nella sua Carrarese che faceva faville in C ma anche a Brescia, Prato e Lucca. Nell’estate 1991 la portò alla Pinetina quando approdò all’Inter di Pellegrini per sostituire il Trap. Era lunga 48 metri e larga 26, con la rete alta 2 metri e una copertura. Credeva che anche ai nerazzurri la zona e i suoi metodi potessero funzionare, ma con Matthaus, Brehme e Klinsmann ci fu poco feeling. La sua avventura, fatta di lavoro durissimo, durò fino a Natale. Poi le dimissioni. Anni prima a Carrara i giocatori venivano costantemente pesati prima degli allenamenti. Chi sgarrava pagava una bottiglia di champagne.
I gradoni invece sono stati il marchio di fabbrica del lavoro di Zeman. Su e giù per le tribune anche per un’ora di seguito. E non badava tanto per il sottile neanche Gian Piero Ventrone, preparatore atletico della Juve di Marcello Lippi, dell’Italia campione del mondo 2006 e del Siena di Antonio Conte. Lo chiamavano il marine anche perché in gioventù era stato incursore del battaglione San Marco. Durante gli allenamenti si vedevano scene degne di "Full Metal Jacket" e tutti temevano la "campana della vergogna", suonata obbligatoriamente dal giocatore che non finiva gli esercizi.
Facciamo un passo indietro, agli anni Sessanta-Settanta. Oronzo Pugliese era chiamato il ‘Mago di Turi’ e la sua figura divertente ispirerà anche il personaggio di Oronzo Canà, improbabile allenatore interpretato al cinema da Lino Banfi. Ogni tanto Pugliese si presentava con una gallina al guinzaglio che legava alla panchina. Lo stesso pennuto che in settimana lanciava in mezzo al campo, sfidando i suoi giocatori a catturarla. Rimanendo in tema, ai Mondiali del 2018 Southgate e i suoi assistenti lanciarono dei polli di gomma ai giocatori durante gli allenamenti per sgranchire le gambe e favorire gli scatti. Sempre oltremanica Arne Slot, attuale allenatore del Liverpool, spesso fa allenare i suoi a coppie: un "torello" senza pallone con i calciatori abbracciati che affinano riflessi e colpo d’occhio. Ma parlavamo del passato.
1988: Corrado Viciani torna in C2 per la quarta volta alla Ternana che aveva diretto nella storica promozione in Serie A del 1972 grazie al rivoluzionario ‘gioco corto’. A fine anni Ottanta i metodi scientifici erano ancora empirici e Viciani se ne inventò uno. La domenica mattina presto svegliava i giocatori in ritiro e li sottoponeva a un’artigianale prova da sforzo facendoli salire e scendere più volte da 5 gradini in legno che aveva fatto realizzare. Appuntava le pulsazioni e sceglieva la formazione in base alle frequenze cardiache dei suoi giocatori. Più sofisticato nei tempi moderni ’El Loco’ Marcelo Bielsa, profeta del gioco offensivo per eccellenza e attuale tecnico dell’Uruguay. Il segreto del suo calcio? Il movimento. Massacra i giocatori a colpi di doppie-triple sedute, li pesa prima di ogni allenamento, compila quotidianamente col suo staff i giudizi su ciascun calciatore: numeri e pagelle. Gioca chi ha il voto più alto. La filosofia di Pep Guardiola invece è fatta di tre ‘P’: passaggio, possesso e posizione. Al Guardiolismo si oppone il Cholismo di Diego Simeone, da una vita all’Atletico Madrid, famoso per l’esercizio ‘8 fuori e 2 dentro’. All’interno del torello, due calciatori lavorano ad alta intensità e breve durata a caccia della sfera. Obiettivo: intercettare il più alto numero di palloni in spazi ristretti e in inferiorità numerica. Kosta Runjaic all’Udinese, invece, fa compiere ai giocatori un percorso usando i palloni giganti da pilates.
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