Dioussé, il pallone nel dna. Assane e Birahim al top. Il sogno è quello di papà

Mambaye arrivò dal Senegal: senza permesso di soggiorno, la sua carriera finì. Il figlio maggiore ha giocato in A e in mezza Europa, e ora è il sedicenne a stupire.

di ENRICO SALVADORI -
15 aprile 2024

"Quando vedo giocare i miei figli che sono arrivati in club professionistici importanti rivedo la mia adolescenza e penso al mio sogno infranto. Sapere che realizzano le loro aspirazioni mi fa stare bene, ma c’è tanto rimpianto per quello che potevo fare io".

Mambaye Dioussé ora fa il cameriere in un noto ristorante della Versilia ma era una promessa del calcio senegalese. A neanche 16 anni era titolare nel Jaraf Dakar, con la nazionale juniores del suo Paese affrontava nel 1991 nel prestigioso torneo di Tolone la Francia di Zidane e Barthez e l’Inghilterra di Shearer e James. Centrocampista di interdizione e anche difensore centrale. L’arrivo rocambolesco in Italia, la possibilità di fare il professionista naufragata perché non aveva il permesso di soggiorno.

Ma ha messo al mondo due figli che nel grande calcio sono arrivati. Assane ha giocato in A nell’Empoli e nel Chievo, poi in Turchia (Ankaragucu), Grecia (Ofi Creta) e ora in Francia (Auxerre, dopo aver giocato anche nel St Etienne). Birahim invece è una speranza della Under 16 della Fiorentina e con le sue qualità ’vede’ la prima squadra.

Quando racconta la sua vita spericolata Mambaye Dioussé quasi si commuove. "Nel 1997 vado a Parigi con il Senegal Under 20 per un torneo. Giocavo già in prima squadra a Dakar, avevo fatto già quattro apparizioni nella nazionale maggiore e volevo a tutti i costi il calcio italiano. Scappo dal ritiro e raggiungo Pisa dove abitava mio fratello. Ma ero clandestino e per campare vendevo per la strada. Tutti i giorni arrivavo in treno a Lucca con un mazzo di ombrelli da piazzare. Vedo le luci accese allo stadio Porta Elisa, entro e vinco la mia timidezza. Conoscevo poche parole di italiano e chiedo di potermi allenare. L’allenatore Gigi De Canio, che parlava francese, si mette a ridere e con lui gli altri tecnici e gli addetti ai lavori".

Ma in quella Lucchese in B c’era il camerunense Pierre Wome che poi giocherà nel Bologna, nella Roma e nell’Inter. "Mister questo è forte, l’ho affrontato in Nazionale. Facciamolo provare". Mambaye si allena per una settimana con la prima squadra rossonera e convince tutti ma non ha il permesso di soggiorno che arriva solo quattro anni dopo e l’occasione sfuma. A 24 anni Dioussé torna a fare il venditore in strada e in spiaggia, poi trova un lavoro più dignitoso in Versilia dove porta la sua famiglia che era rimasta a Dakar. C’è anche Assane che a 13 anni, giocando a Carrara nel Fossone, incanta tutti e approda all’Empoli. Brucia le tappe debuttando giovanissimo in serie A (48 presenze totali in azzurro) per poi passare per una bella somma al Chievo e fare il giro d’Europa. Lo stesso percorso verso cui è avviato il fratello Birahim (2008) centrocampista pure lui.

"Lo volevano Inter, Milan, Atalanta e Spezia. Il Seravezza, squadra versiliese, lo ha piazzato alla Fiorentina perché così giovane non poteva lasciare la regione in cui abita. Vive, studia e si allena a Firenze ed è stato convocato per il Mondiale Under 17 dal Senegal ma ha doppio passaporto e potrebbe scegliere l’Italia". Ma c’è altro. Il più piccolino, Ahmed nato nel 2011, gioca anche lui centrocampista nel Seravezza e fa faville. "Il Bologna ha contattato la nostra famiglia, lui vorrebbe andare ma è molto piccolo e questo grande club è troppo lontano".

Una famiglia con il Dna calcistico quella dei Dioussé che dimostrano come i sogni, alla fine, si possano avverare. "Quella fortuna che non ho avuto io – spiega papà Mambaye – fortunatamente la stanno avendo i miei figli che ci mettono anche bravura e entusiasmo. Ma oltre al calcio l’Italia ci ha dato una vita migliore ed è quello che più conta. Quando ho visto il mio sogno infrangersi non speravo che per la mia famiglia ci fosse un futuro. Fortunatamente mi sbagliavo".

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