Ighli Vannucchi sull’Empoli, qui è casa mia: "Le ultime imprese? Risultati straordinari"
L’ex fantasista azzurro ricorda la sua carriera: "Mai andato in piazze che sapevo che non mi avrebbero rispecchiato come carattere"
di Ilaria Masini
Intelligenza calcistica fuori dal comune, abbinata a grandi doti tecniche, Ighli Vannucchi a Empoli è stato uno dei giocatori più amati.
Le imprese al Franchi e al Maradona che segnale sono?
"Penso che siano risultati straordinari che andranno però affiancati a dei successi contro le piccole. Conta tanto anche l’aspetto mentale e anche in questo Andreazzoli è molto bravo. I risultati non arrivano mai a caso o per fortuna. Ora stanno ingranando e trovando la totale convinzione contro tutti gli avversari per arrivare a una serena salvezza".
L’esperienza in certi casi conta tanto, e non solo in panchina...
"È tutto, senza quella non si può ottenere nulla. In ogni settore lavorativo serve il giovane, il medio e l’anziano per avere un quadro della situazione totale. A volte puntare troppo soltanto sulla gioventù non è la strada migliore perché nei momenti di difficoltà, serve l’esperienza delle persone che trasmettono tranquillità. Lo spogliatoio è sempre un’alchimia dove conta tanto il ’nonno’ che dà fiducia a tutti".
Anche lei ne sa qualcosa, da questo punto di vista...
"Nel ’mio’ Empoli siamo riusciti a raggiungere la Uefa, dopo un percorso fatto di tanti anni insieme e di uno zoccolo storico che ha trascinato la formazione verso traguardi impensabili".
Chi erano i leader di quella squadra, oltre a lei?
"Buscé, Balli, Pratali, Vanigli che è l’esempio di come non sia necessario essere sempre titolare per essere indispensabile".
Tornando all’attualità e ai giovani, cosa pensa di Baldanzi?
"Essendo un dieci, nel senso di fantasista, già per questo è in zona protezione totale" (ride, ndr)
Un ruolo da tutelare?
"É una posizione che non deve mai essere imbrigliata perché sarebbe come togliere la fantasia a un pittore, a un artista. I trequartisti vanno protetti come i panda in via d’estinzione".
Il merito dell’Empoli è anche quello di cedere dei giocatori, vedi Parisi e Vicario la scorsa estate, e comunque avere in casa altri ragazzi pronti.
"Il club nella sua storia ha sempre valorizzato il prodotto interno, con un vivaio che credo sia il primo in Italia. I giovani sono una garanzia per il futuro".
Nel suo libro autobiografico “Nel segno di Ighli“ che cosa racconta?
"È una storia un po’ controcorrente per i tempi che corrono. È la vita di un fantasista di periferia che ha fatto una scelta d’amore verso il calcio, seguendo la passione e l’istinto. Nella vita mi sono sempre piaciute le cose semplici, senza trasferirmi in piazze che non mi avrebbero rispecchiato come carattere e dove non sarei emerso. Empoli invece è come casa mia, dove mi sono divertito e ho ottenuto tutto ciò che volevo. Nessun altro poteva disturbarmi venendomi a cercare sul mercato, nemmeno l’Inter che a un certo punto si era interessata a me".
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