La difesa di Gravina. "Italia, io rimango qui. Non può essere la politica a chiedere le dimissioni»

Il presidente della Figc rimane in sella: "Le critiche fanno male, soprattutto quelle strumentali. Dobbiamo crescere tutti, ma non voglio interrompere un progetto pluriennale. Il mio mandato scade nel 2025, non so se mi ricandido".

di GIULIO MOLA
1 luglio 2024
"Italia, io rimango qui. Non può essere la politica a chiedere le dimissioni"

"Italia, io rimango qui. Non può essere la politica a chiedere le dimissioni"

dall’inviato

"Per mia cultura non ho l’abitudine di scappare dalle mie responsabilità e quindi resto. Le critiche feriscono, soprattutto quelle non costruttive, ma strumentali che arrivano dall’esterno. Nessuno può chiedere o pretendere le dimissioni". Il giorno dopo la Grande Vergogna calcistica, non gioca in difesa ma va subito all’attacco Gabriele Gravina. Sessantotto minuti di conferenza stampa a voci unificate col ct, per spiegare le ragioni di un fallimento epocale e cercare di capire quale strada intraprendere nell’immediato futuro. Il numero uno del calcio italiano si presenta poco prima delle 12.30 a Casa Azzurri in via di smantellamento.

Accanto a lui Luciano Spalletti dopo una notte di tensioni e di confronti, di mea culpa e di riflessioni ad alta voce. Anche il risveglio non è stato semplice, perché dopo lo smacco di una eliminazione che suona come flop annunciato, ecco la pioggia di critiche e di sberleffi (la stampa svizzera va da “Cotti al dente“ a “Italia demolita“). Però bisogna metterci la faccia, soprattutto per rispetto dei tifosi azzurri, e da questo punto di vista il presidente della Figc non riesce a darsi pace: "Non siamo riusciti a dimostrare ciò che i ragazzi avevano preparato. C’è la delusione nell’incapacità di reagire a limiti oggettivi con una reazione diversa, delusione su cui dobbiamo riflettere. L’abbiamo fatto tutti insieme dividendo le nostre responsabilità, perché siamo tutti responsabili".

Accettare un tracollo simile è complicato, ma Gravina non ha dubbi: fra sessanta giorni, quando la nazionale si radunerà a Coverciano per le prime gare di Nations League, si ripartirà da Spalletti. Blindatissimo. "Resta, impensabile abbandonare ora un progetto triennale (contratto fino al 2026 da tre milioni a stagione) dopo otto mesi di attività, visto che il mister ha avuto a disposizione 10 gare e poche possibilità di lavorare con i giocatori, in tutto un centinaio di selezionabili".

Ma la preoccupazione è soprattutto un’altra: "C’è da cambiare e rivedere qualcosa e dobbiamo crescere tutti perché sarebbe un disastro inimmaginabile non partecipare al Mondiale per la terza volta consecutiva. Ma adesso dobbiamo essere lineari e logici, non possiamo fare atti che determinino danni superiori rispetto a quelli che già ci sono adesso, come avvenuto in passato. Tengo divise le difficoltà politiche da quelle tecniche e il gioco nel quale i “trionfatori di singhiozzi“ si dilettano, a me non interessa. Il senso di responsabilità da parte mia invoca un senso di lucidità". Pausa, poi riprende. "E per quel che mi riguarda la scadenza del mio mandato è il 2025, quando ci saranno le elezioni. La governance, per un principio di democrazia, può essere cambiata solo nel confronto democratico. Per questo il progetto va avanti, non avrebbe senso interromperlo. Non ho pensato se ricandidarmi, ancora è prematuro".

Ma i veri problemi, secondo Gravina, sono fuori dal campo. Con un sistema da rivedere per il bene di tutti e non solo nell’interesse delle società: "Ci sono norme che non favoriscono lo sviluppo del nostro calcio e nonostante ciò tutti vogliono ridurre lo spazio per le nazionali. Spalletti ha la nostra fiducia e deve lavorare, ma non si può pensare che in Italia all’improvviso fioriscano gli Mbappé, i Cristiano Ronaldo e i Messi. Adesso nel nostro Paese dobbiamo valorizzare il talento che abbiamo. Le nostre nazionali giovanili sono tutte qualificate alla fase finale degli Europei dopo 120 anni di storia, ma il meccanismo s’inceppa per la mancanza di valorizzazione di questi ragazzi da parte dei club. Per non dire di alcune squadre Primavera che hanno il 100% di stranieri". In vista di possibili riforme, Gravina si porta avanti: "Il Club Italia verrà supportato da una commissione tecnica consultiva di direttori tecnici top di Serie A. Li abbiamo già individuati". I nomi sono quelli dell’interista Marotta (presente in tre delle quattro sfide degli azzurri), Giuntoli, Sartori e Marino.

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