Terracciano e la solidità del numero uno. Paratone e non parole. Le quattro "vittime» di Pietro l’essenziale

Il portiere Pietro Terracciano ha dimostrato con prestazioni eccellenti di meritare il ruolo da titolare alla Fiorentina, superando quattro concorrenti con fair play e determinazione. Un esempio di riscatto e successo nel calcio.

6 marzo 2024
Paratone e non parole. Le quattro "vittime" di Pietro l’essenziale

Paratone e non parole. Le quattro "vittime" di Pietro l’essenziale

Qualcuno sostiene che la vita sia come un cross di Biraghi, non si sa mai come va a finire, e lui in fondo ne è la riprova sportiva. Quando nel gennaio di cinque anni fa arrivò a Firenze, tutti pronosticarono per lui un impegno nelle retrovie come riserva. Invece da allora, non solo si è conquistato la prima linea a suon di prestazioni maiuscole ma ieri, con il rischio di essere squalificato per una bestemmia colta dalle telecamere di Dazn, in tanti sono stati lì a chiedersi: o come faremmo domenica prossima con la Roma senza di lui?. Che storia di riscatto e da sogno americano che è quella di Pietrone Terracciano da San Felice a Cancello, portiere taciturno come un casellante della Firenze-Mare che, senza guasconate tipiche del ruolo, si è guadagnato la maglia numero uno e non sembra disposto a mollarla. Così, se Jaime Lancaster nel "Trono di Spade" è chiamato lo "Sterminatore di re" per averne fatto fuori appena uno, lui analogamente potrebbe essere indicato come lo "Sterminatore affabile di portieri" visto che, senza violenza ma con la forza buona delle parate, ne ha fatti fuori almeno quattro.

Il primo fu il polacc Dragowsky, atleta di molta irruenza e poche vocali, che dopo essere stato espulso dopo un’uscita sciagurata fuori area con la Roma, non ha più ritrovato il posto da titolare complice il fatto che Pietrone giocasse meglio di lui con i piedi. Il secondo fu Gollini, arrivato a Firenze con velleità da titolare ma scalzato ben presto dal ruolo dopo alcune topiche che rivelarono come costui, in arte "Gollorius", fosse più ispirato come rapper che non come numero uno fra i pali (per controprove prima guardate la partita col Basaksehir e poi ascoltate il singolo "Rapper coi guanti"). Dopo di lui la stessa sorte è toccato a Sirigu, messo fuori corsa da un infortunio dopo che comunque nelle gerarchie di Italiano era già dietro a Pietrone. Infine Christensen, portierone danese definito un pararigori pur senza averne mai parato uno (e dunque per l’esattezza uno "spaventarigoristi", visti i tanti penalty calciati fuori dagli avversari) che anche prima dell’infortunio era solo il portiere di coppa.

Quattro vittime quattro che in fondo sono un racconto bello di sport. Perché Terracciano il taciturno, per farle fuori non ha mai fatto scorrettezze o cercato il sussurro della raccomandazione, lasciando che a gridare per lui fosse il campo. Un titolare per meritocrazia. Quante sono state anche quest’anno le partite nel quale lui alla fine è risultato il migliore tenendo a galla una Fiorentina spesso slabbrata? A Udine, a Milano e a Roma con la Lazio, poi col Verona, col Torino e col Frosinone al Franchi. Pietro Terracciano, una variabile buona di calcio. Il portiere che, grazie alla forza serena dell’attesa, si è ritagliato un ruolo di primo piano quando sembrava impossibile farlo. A ricordarci, insieme al maestro Manzi, che se esiste volontà e disciplina, non è mai troppo tardi per niente.

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