Inzaghi impara dai grandi. Gestione alla Trapattoni col gioco di Mancini e la solidità di Mourinho
Scudetto a un passo, sarebbe il sesto trofeo: meglio solo Herrera e il ct dell’Arabia
La seconda stella da mettersi al petto è lì a un passo. Mancano undici punti da conquistare in otto giornate, potrebbero essere nove se l’Inter dovesse vincere le prossime tre (derby compreso). Un trionfo che incoronerebbe Simone Inzaghi, già cinque trofei alle spalle coi nerazzurri, ma non la soddisfazione dello scudetto. Sfumato due anni fa, ora può diventare realtà e una volta centrato l’obiettivo si parlerà di rinnovo fino al 2027 (con cifre e dettagli da definire). Vincere il campionato proietterebbe Inzaghi sul podio degli allenatori più vincenti di sempre nel club. Solo Herrera e Mancini con sette hanno fatto meglio, sebbene quelli del “Mago“ abbiano un peso specifico nettamente superiore (tre Scudetti, due Coppe dei Campioni e due Intercontinentali) e anche il “Mancio“ possa vantare un tricolore in più. Mourinho è fermo a cinque, come Inzaghi, ma con due Scudetti e soprattutto la Champions League del 2010.
Nel suo anno migliore, quello in corso, il tecnico nerazzurro sta ricordando un mix degli ultimi allenatori che hanno vinto qualcosa sulla stessa panchina. Partendo dal campionato dei record, quello del 1988/’89 concluso a 58, primato per l’era dei due punti a vittoria. C’era Giovanni Trapattoni come timoniere, un personaggio noto per la grande capacità di gestire i campioni. Ne aveva diversi, molti dei quali arrivati solo nell’estate precedente, dai tedeschi Brehme e Matthaus a Zenga, Bergomi, Ferri. Oggi lo status raggiunto da Inzaghi gli permette anche di togliere Bastoni e Martinez a metà della ripresa contro l’Empoli, pur tra qualche muso lungo per i protagonisti, arrivando a raggiungere l’obiettivo primario di chiudere la pratica (con assist e gol di due subentrati, Dumfries e Sanchez).
L’aspetto più visibile di questa Inter è però la spettacolarità del gioco, esaltato anche al di fuori dei confini nazionali. L’Inter vanta il miglior attacco in A, 73 reti con un clamoroso +59 di differenza reti. Ha vinto undici partite in stagione tra tutte le competizioni con tre o più gol di scarto. Secondo diversi tifosi di lungo corso, è la squadra nerazzurra che gioca meglio tra quelle che restano nella memoria degli appassionati. Un tocco di bellezza che era riuscito a dare anche Roberto Mancini, persino negli anni in cui in campionato era arrivato dietro le prime, vincendo però due volte la Coppa Italia e tirando fuori il meglio da giocatori come Maicon o Cambiasso. Forti, ma non come quando sono passati sotto l’egida del “Mancio“, capace di elevarne le possibilità a potenza e anche di allungare la carriera a Zanetti portandolo dalla fascia destra a centrocampo.
Infine, la capolista annovera la difesa che ha subito meno gol nel campionato in corso. Sono 14, con diciotto partite senza subire reti, perfettamente in media per raggiungere il Milan 1993/94 che con Sebastiano Rossi tra i pali riuscì a toccare quota 22. Una solidità difensiva molto “mourinhana“, per quanto quella squadra, capace di vincere nello stesso anno Scudetto, Coppa Italia e Champions League (il famoso “Triplete“ del 2009/10) avesse un’anima decisamente diversa da quella attuale. Una formazione più votata a colpire in contropiede, che in comune con la versione attuale dei nerazzurri ha la capacità di aiutare il proprio portiere e un interprete tra i pali di grande affidamento, come sicuramente era Julio Cesar e come si sta dimostrando Sommer, andato anche oltre le aspettative dopo essere stato acquistato per sostituire Onana, la cui annata al Manchester United è stata invece disastrosa.
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