Una domenica amarcord. Conte riabbraccia l’Inter. Due anni intensi e vincenti tra cene blindate e lavoro

Il tecnico dei partenopei ritrova per la prima volta da avversari i nerazzurri. San Siro è stata la sua casa, alla Pinetina ha riportato la cultura del successo. Dalla privacy di City Life al caotico centro di Napoli, ma con le stesse ambizioni.

di GIULIO MOLA
9 novembre 2024
Conte riabbraccia l’Inter. Due anni intensi e vincenti tra cene blindate e lavoro

Il tecnico dei partenopei ritrova per la prima volta da avversari i nerazzurri. San Siro è stata la sua casa, alla Pinetina ha riportato la cultura del successo. Dalla privacy di City Life al caotico centro di Napoli, ma con le stesse ambizioni.

"Fa sempre un certo effetto tornare dove si è lavorato duramente. È un carico di emozioni perché vai indietro nel tempo, è inevitabile che nella mente possano riaffiorare tante situazioni". Inter-Napoli non sarà solo la partita-scudetto della domenica, e nemmeno un match come tanti altri per Antonio Conte. Ma la domanda viene spontanea: dov’eravamo rimasti? Cosa resta di quella bellissima avventura sportiva e umana (definirla storia d’amore sarebbe eccessivo, anche per il traumatico e inatteso divorzio del maggio 2021) durata un paio di stagioni? Proprio a quest’ultimo quesito ha risposto ieri il tecnico salentino: "Sono stati due anni felici. Alla fine del primo siamo arrivati secondi e abbiamo perso la finale di Europa League. Nel secondo anno abbiamo vinto lo scudetto. È stata una bellissima esperienza, che porto dentro di me come tutte le esperienze passate perché le ho sempre vissute al massimo". Punto e a capo. Con la testa già alla sfida di domani e obiettivi chiari in testa: "Andiamo ad affrontare una squadra che oggi è la più forte, questo le va riconosciuto perché i nerazzurri si mettono in una posizione un po’ più alta rispetto alle altre antagoniste. Hanno fatto un grandissimo lavoro, sono cresciuti tutti, dirigenti, allenatore, giocatori. Non andiamo a San Siro per sventolare bandiera bianca prima della partita o per farci prendere a cazzotti dopo sul campo, ma convinti di giocarci le nostre carte. Il nostro obiettivo è di restare in testa alla classifica".

Solo domani capiremo come i tifosi accoglieranno il protagonista più importante dal punto di vista tecnico (ma pure mediatico) dello scudetto numero diciannove, quello festeggiato dopo un’annata difficile per questioni legate ad una proprietà assente e in difficoltà. Ma Conte non è uno di quelli che rinfaccia il passato. Anzi. Probabilmente in ben altre condizioni la sua avventura con i nerazzurri sarebbe andata avanti, se è vero (come riferito tempo fa da “radiomercato“) che un tentativo per tornare Antonio l’avrebbe pure fatto nel periodo di maggior criticità di Simone Inzaghi. Il quale,dopo aver rischiato la panchina, ha raccolto benissimo l’eredità di Conte. Imparando dagli errori commessi, ha conquistato trofei e successi prestigiosi. Con partite di qualità molto spesso, con prestazioni più difensive altre volte, come accaduto contro l’Arsenal fra salvataggi miracolosi di Bisseck e Dumfries e mischioni in area.

Conte si riaffaccia a San Siro a poco meno di due settimane di distanza dal blitz vincente contro il Milan e anche stavolta non è una semplice visita di cortesia. Vero, come dice l’allenatore del Napoli, si torna sempre dove si è stati bene. Ma sicuramente Antonio non si presenterà alla Scala del calcio con un mazzo di fiori o un vassoio di babà. Torna da tecnico dei partenopei ed occuperà una panchina diversa, quella riservata alla squadra ospite. Però ha ragione lui, sarà un carico di emozioni alla faccia di chi sostiene è andato via sbattendo la porta. No, non è così. Perché nel suo biennio nerazzurro, Conte è stato capace di far ricredere la grande maggioranza del popolo interista che lo aveva accolto con un pizzico di scetticismo e pregiudizio per quel passato juventino che è parte integrante del suo dna. Ma anche a Milano tutti ricordano il professionista Conte, un allenatore che è garanzia di successo e qualità del lavoro, capace di entrare nella testa dei suoi giocatori e di ottenere il meglio da tutti. All’Inter ha riportato la “cultura“ del successo, non solo quella del lavoro sottolineata anche ieri,, avviando un percorso che oggi Inzaghi (scelto dalla dirigenza nerazzurra proprio perché il suo 3-5-2 era il più simile all’idea tattica di Conte) sta seguendo nel migliore dei modi. Conte a Napoli è arrivato con il preciso compito affidatogli da De Laurentiis: ricostruire tutto ripartendo dalle macerie della passata stagione. Ha avuto carta bianca e si è rimboccato le maniche. Seguendo il motto tipico milanese nella tradizione popolare: "Lavurà". Tradotto sotto il Vesuvio, "Amma faticà". A prescindere da quel che succederà domani e da un possibile sorpasso in classifica, i risultati sono già clamorosamente evidenti: in poco piu di due mesi Conte ha dato un nuovo orizzonte al progetto Napoli.

Ma domani sera, in quella che era la sua casa, Antonio si sentirà meno nemico rispetto ad altri stadi. All’Inter era arrivato voluto da Marotta, con cui già aveva messo le basi per lo strapotere della Juve (insieme hanno vinto i primi tre scudetti dell’era Andrea Agnelli chiusa con nove tricolori consecutivi). Aveva preso il posto di Luciano Spalletti portandosi dietro Lele Oriali, bandiera interista con cuii si era legato ai tempi della nazionale e che adesso continua a lavorare a suo fianco anche in azzurro. Ma il Conte milanese era parecchio diverso da quello di oggi. A Napoli vive in centro, si vede in giro anche se “nascosto“ sotto al berretto e con gli inseparabili occhiali da sole. Va a mangiare la pizza e non disdegna selfie con i tifosi. Perché vuole vivere la passione della gente e respirare l’entusiasmo dei napoletani. A Milano si concedeva poche uscite, quasi tutte nei soliti ristoranti fidati e blindati fra centro e City Life, dove aveva scelto di vivere con la famiglia quando tornava dalle lunghe giornate di lavoro ad Appiano. Saluterà con piacere e affetto i suoi ex tifosi. Che non potranno fare a meno di ricambiare ricordando il trionfo dello scudetto numero 19.

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