Luis Alberto: "Tornando a segnare la Lazio tornerà in Europa"

Le parole del numero 10 biancoceleste tra la stagione iniziata a rilento, i compagni di squadra e la famiglia

di FILIPPO MONETTI -
21 novembre 2023
Luis Alberto dribbla Paulo Dybala nel derby

Luis Alberto dribbla Paulo Dybala nel derby

Roma 21 novembre 2023 - Protagonista della stagione biancoceleste, numero 10 sulle spalle e fantasia in campo quanto basta da chiamarlo mago. Dopo la cessione di Sergej Milinkovic-Savic, non c'è dubbio che a raccoglierne l'eredità sia stato Luis Alberto. Il centrocampista laziale ha elevato le proprie prestazioni, diventando anche leader tecnico e carismatico della squadra di Sarri. Oggi il giocatore è un intoccabile del tecnico toscano e ha in mano le chiavi della regia della squadra. Non è casuale dunque che uno dei protagonisti di questo inizio stagione sia stato oggi, a meno di una settimana dalla ripresa, con un terzo di campionato alle spalle, sia stato chiamato da Lazio Style Radio, la radio ufficiale del club laziale, a raccontare questo avvio di stagione in una lunga intervista. Ecco le sue parole.   

Tu ormai sei leader in campo dentro e fuori, te lo senti addosso questo ruolo?  "Sono qua da tanti anni, so un po' tutto di come funziona da queste parti. A inizio stagione non eravamo messi bene, ho ritenuto dovessimo essere noi più esperti a parlare".

Rispetto allo scorso anno, se si mettono a paragone le stesse partite giocate in questa fase di stagione, avete gli stessi punti ma con quasi il doppio dei gol segnati. Quanta strada può fare questa squadra e quanto incide il calendario? "Ogni anno è una stagione diversa. Noi quest’anno abbiamo avuto tanti acquisti dall’estero e abbiamo bisogno di tempo. La squadra è cresciuta tanto, ci sono state gare in cui non ci siamo stati. Ora si vede una squadra diversa. Abbiamo iniziato a difendere come chiede il mister. Dobbiamo guardarci però un po’ dentro: è chiaro che ci sia bisogno di più gol da parte di tutti, dagli attaccanti alle mezzali. Parlo anche a titolo personale, segnare aiuta a vincere. Adesso arriva un calendario tosto, ci sarà la Champions League. Dobbiamo difendere come l'ultima partita e poi segnare per fare punti. Stiamo andando male dal punto di vista realizzativo ma siamo lì in classifica: tornando a segnare la Lazio tornerà in zona Europa"

Cosa hai pensato quando hai colpito il palo nel derby? "Ho cominciato a guardare e indicare il cielo (ride ndr). Era un tiro difficile, fortuna o no, con quella direzione di solito tocca il palo e va dentro la porta, ma questa volta non è stato così. È un peccato, non era una partita normale ma un derby. Sicuramente quel gol avrebbe cambiato di molto la sfida".

Parlando un po' di tattica: quanto è importante per una mezzala attaccare la profondità senza palla e muoversi negli spazi, come fanno Vecino o Kamada? "Riempire l'area di rigore è importante, ma non si può fare sempre lo stesso gioco. Bisogna anche attaccare la profondità, così la squadra avversaria sa che non vai a cercare sempre l’uno contro uno. Bisogna attaccare tutti di più, purtroppo è così. Avere quel passaggio in profondità, da mezz'ala, aiuta molto. Il mister che guarda le partite più di me lo dice spesso. Anche Ciro (Immobile) ci sta mancando molto, ma quando sarà di nuovo al 100% ci darà tutto. È un movimento che anche Zaccagni deve imparare, perché può fare molto male agli avversari".

Nelle ultime partite è mancato un po' l'ultimo passaggio, penso ad esempio contro la Fiorentina? "Contro la Fiorentina, bisogna dirlo, il nostro gioco è stato anche un po’ penalizzato, perché il campo fa un po’ schifo. Le ultime due-tre partite non valevano molto tecnicamente perché il pallone rimbalzava troppo, come fosse pallavolo e non calcio. Però in molte partite la pressione alta ci ha fatto vincere l'incontro, ad esempio contro il Sassuolo abbiamo recuperato due palloni molto alti e abbiamo fatto gol. I calci di punizione? Beh si segna meno perché è cambiato molto il calcio in generale. Prima non si metteva il coccodrillo, la palla bianca andava bene, quella gialla di quest'anno è difficile sia da calciare, sia da controllare. Non devo pensarci io, ma la Lega a queste cose. Anche in Spagna lo scorso anno lo fecero, quindi presumo si possa fare anche qui". I nuovi acquisti, cosa ne pensi di Daichi Kamada? "Penso che tutti i giocatori possono giocare insieme. In Italia c’è molta più tattica e forse rispetto agli altri campionati cambia molto. Ma lui è molto intelligente, mi piace: attacca lo spazio, ha buona tecnica e sa fare anche gol. Ma alcuni giocatori hanno bisogno di tempo e altri si adattano prima, come per esempio Guendouzi. Quelle però sono caratteristiche individuali. Abbiamo preso giocatori forti, come anche Rovella che ha grande personalità e sta crescendo benissimo".

Che differenze ci sono tra Immobile e Castellanos? "Ciro ha fatto tanti gol, è un bomber. Ha bisogno di spazi, gli piace stare in area e prendere i palloni per poi attaccare la porta. Castellanos invece lavora anche fuori dall’area con il corpo a corpo e i colpi di testa, al servizio della squadra. A seconda delle partite c’è bisogno di cambiare, sta al mister capire quando schierare i giocatori più adatti. Ciro ancora non mi ha pagato nessuna cena per gli assist che gli ho fatto. Salernitana e Celtic? Siamo in un momento che per noi è fondamentale ogni gara, per sistemare la classifica e per chiudere il discorso qualificazione in Champions e andare agli ottavi".

Come mai non si nota quanto corri in campo? "Il fatto è che ho una corsa un po’ strana, sembra che io non stia correndo ma i dati dicono che sono sempre il primo (scherza ndr). Ma sono un giocatore che viene visto più palla al piede, tanti non vedono il lavoro difensivo che faccio. Io devo fare il mio lavoro per la squadra e ci sono incontri in cui mi si nota di più perché ho la palla e altre dove invece devo lavorare molto in difesa".

Il talento si può allenare? "No, puoi allenare le abilità, il controllo. Ma chi nasce con talento è diverso dagli altri. Adesso servono ragazzi che giochino in strada, non serve tanto andare solo all’accademia e poi tornare a casa a giocare alla Play station o altro. Serve il talento della strada, quello che c’era prima si è perso un po’. Oggi tanti giocatori sembrano robot. Non solo la gente, ma anche noi ci stiamo un po’ annoiando del nuovo calcio. È più difficile oggi vedere un Del Piero, un Iniesta, uno Zidane. Senza campioni di questo tipo il calcio diventa noioso".

La mente invece si può allenare? "Quella si può allenare, penso sia una delle cose più importanti da fare sin da piccoli. Credo che le società dovrebbero mettere due-tre persone a lavorare subito sull’aspetto mentale con i più piccoli. Sono piccole cose che però ti fanno crescere tanto. Ad esempio ricordo che a vent’anni pensavo di essere un fenomeno ma non lo ero, al Liverpool non giocavo mai".

Cosa fai con la tua famiglia? Uscite spesso o rimanete più in casa? "Noi rimaniamo spesso in casa. Quando usciamo spesso i bambini non si divertono. A Lucas non piace quando arrivano a chiedere le foto, anzi si arrabbia un po'. L'altro giorno abbiamo fatto però una passeggiata insieme per Roma. Andiamo anche spesso fuori a cena in modo molto tranquillo. Però siamo più una famiglia casalinga".

Tua figlia invece? "Mia figlia ha un dono per gli sport, a parte il calcio. Lei fa di tutto e lo fa bene. Di recente con me e la mamma sta giocando a golf. Ci va poco a giocare, ma quando va è la migliore. Lei fa veramente di tutto e vuole fare tutto: balla, canta, fa arrampicata. Lucas invece dice di voler essere ingegnere".

Cosa ne pensi della crescita di Patric? "Ha avuto un cambio pazzesco negli ultimi due anni. Lo conosco da tanto tempo, abbiamo giocato insieme al Barcellona. Lui ha quella qualità tecnica tipica spagnola, è una cosa che lo aiuta molto. Ma negli ultimi anni sta lavorando tanto a casa, anche mentalmente, che è forse un aspetto che un po' gli mancava. Sono contento per lui, se lo merita lui e la sua meravigliosa famiglia”.

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