Conceiçao, il Milan è una febbre. "L’Italia è stata una grande scuola. Simone? Un amico, fuori dal campo»
Il tecnico rossonero non sta benissimo: "L’importante è che sia in salute la squadra. Nulla arriva per caso". Reijnders: "Giocherò come se fosse l’ultima partita della vita". Mercato, suggestioni Dani Olmo e Rashford.
Febbre da derby. E non è un modo di dire. "Spero che la squadra stia meglio di me che non sto tanto bene", Conceiçao dixit. L’uomo da Coimbra, comunque, non fa una piega. Non l’ha fatta davanti al figlio Francisco, figurarsi di fronte all’ex compagno di squadra Inzaghi e alla sua ex Inter. "C’è rispetto, ma non sentimento. Quello è tutto per i miei giocatori". Non è loro amico, non riserva baci o carezze, il sergente di ferro. Vuole solo due cose, all’infinito: pedalare, vincere. Complicato, il primo verbo. E il tecnico lo sottolinea: tanti giocatori non al meglio, un giorno di riposo in meno, il telegramma. Non mancano le buone nuove, comunque. Su tutte, Leao: allenamento in gruppo, dunque a disposizione per la panchina e un’eventuale spezzone. Sotto gli occhi di Ibrahimovic, Moncada e anche del lungodegente Florenzi, hanno lavorato a pieno regime anche Loftus-Cheek (assente con la Juventus causa influenza) e Jimenez (uscito acciaccato dalla semifinale). Fermo, invece, Gabbia: febbre. Anche Musah e Pulisic, appena usciti dai rispettivi infortuni, al centro della sessione. Il primo è candidatissimo a sostituire Bennacer, il secondo potrebbe ricoprire un ruolo ibrido.
Conceiçao, infatti, ha testato un 3-5-2 (già adottato da Fonseca in fase difensiva), con Theo Hernandez e Jimenez quinti, con capitan America vicino a Morata. Il principale dubbio è comunque se replicare il doppio centravanti (dunque dentro anche Abraham) visto venerdì, oppure, opzione più quotata, piazzare Reijnders davanti alla coppia tutta sostanza Musah-Fofana. Proprio l’olandese ha scherzato sulla sua posizione: "Pioli mi ha detto che con lui non segnavo, ma giocavo più arretrato". Poi basta sorrisi: "Giocherò come se fosse l’ultima partita della mia vita". Tijjani ha già capito la (nuova) antifona portoghese. Per lui sarebbe il primo trofeo, per Conceiçao il dodicesimo (undici in sette anni al Porto) da allenatore. Da giocatore, aveva alzato la Supercoppa al debutto in Italia con la maglia della Lazio. Con tanto di gol. "Eriksson ci ha segnati, tutti. Non l’ho mai visto arrabbiato, diventava solo rosso. L’Italia è stata una scuola fantastica per me: Sacchi, Malesani...".
Tornerà a incrociare anche Inzaghi, dopo non avergli stretto la mano nell’ultimo incrocio panchinaro in Champions: "Sono cose di campo che restano lì. Abbiamo vinto tanto insieme, ci vogliamo bene. Ma quell’ottavo di finale dovevamo passarlo noi, anche se poi l’Inter avrebbe meritato di vincere la finale col City". Qualche spruzzatina di zucchero, ma la base resta asciutta, concreta. Basti sentire la risposta a chi gli chiede se è stato fortunato con la Juve: "Nulla arriva per caso, poi ci vuole un po’ di buona sorte, che arriva però solo se lavori tanto e sei serio. Puoi avere tutta la fede del mondo e pregare di vincere al lotto, ma poi se non vai a giocarlo non potrai mai vincere". E lui, di vincere, ha una voglia matta. In due partite, regalerebbe il primo ricoscimento dell’era Gerry Cardinale. E il cinquantesimo della storia del Diavolo. Febbre, dunque. Metaforica e non solo, anche per i vari Dani Olmo e Rashford accostati al Milan sul mercato. Difficile scenda prima di stasera, quando si farà la storia.
Continua a leggere tutte le notizie di sport su