Difesa ancora sotto accusa. Milan, i conti non tornano. Riecco Leao “meravigliao“ ma i gol subiti costano cari
Quasi la metà delle partite stagionali è finita con almeno due reti al passivo. Da tre anni i rossoneri sono la squadra che subisce di più nei primi cinque minuti. Fonseca parla chiaro: "Problema individuale. Theo Hernandez? Può fare meglio".
Tre gol segnati a Madrid: (ri)nascita. Tre gol segnati a Cagliari: (ri)crollo. Ritornano a non tornare i conti in casa Milan. Ritorna sotto accusa la difesa. L’essenziale, tra Bernabeu e Unipol Domus, è tutt’altro che invisibile agli occhi. Una rete al passivo in Spagna, tre (più due annullate) in Sardegna. Tutte praticamente copia e incolla. Il totale, fin qui, dice 20 marcature al passivo in 15 partite. E in quasi la metà delle gare (7) sono stati incassati 2 o più gol. Tradotto: anima fragile. A sostegno del teorema: il Milan, in Serie A, è da tre anni la squadra che ha subito più reti nei primi cinque minuti (10). Era un problema dell’era Pioli. È un problema dell’era Fonseca. Che, come sempre, non si nasconde: "Siamo andati in grande difficoltà sui cross del Cagliari. È mancata aggressività in fascia per impedirli. E in area: i duelli aerei sono stati 26 e ne abbiamo vinti 8, così non è possibile vincere. Loro puntavano solo sui traversoni, noi abbiamo finito col 69% dei duelli aerei persi, anche quando siamo passati a cinque". E ancora: "Non possiamo subire tre gol così. Non si può non vincere facendo tre gol. La prima rete non la possiamo prendere, anche se per me è fuorigioco. La seconda è pazzesca. Il problema è dei singoli, non di reparto, anche se tutta la linea può sicuramente fare meglio". Indiscutibile: 15 cross tentati dal Cagliari, 7 andati a buon fine, 3 all’orgine di altrettante reti, quasi tutte nate dalla destra rossonera e chiuse dall’altra parte. Nell’occhio del ciclone, dunque, inevitabilmente (anche) Theo Hernandez: "Può fare meglio difensivamente".
Anche lui, trasformatosi nel giro di pochi giorni. Poca spinta, pochissima copertura. Per una “Theao“ che, per una volta, prende direzioni opposte. Anche se un Leao ancora in versione “meravigliao“ questa volta non è bastato. Il portoghese ha giocato ancora in un ruolo più accentrato: seconda punta nel 5-3-2 ibrido in Champions, praticamente secona punta anche sabato, perchè senza palla il numero dieci affiancava Camarda in un 4-4-2 con Reijnders esterno a sinistra. Presente praticamente in tutte e tre le segnature martedì scorso, doppietta in Sardegna: non andava in rete da fine agosto, non faceva bis da giugno 2023. Esultanza dedicata ai due gemelli nati da poco, gesti d’intesa con Fonseca anche nel momento della sostituzione, come a voler mandare definitivamente in archivio le tre panchine consecutive che aveva conosciuto nelle precedenti partite di campionato. Dall’altra parte, Theo Hernandez: un contratto in scadenza nel 2026 da rinnovare (anche se dalla società filtra sempre che il francese è considerato un patrimonio del club), un’altra prova da capitano e da dimenticare alla vigilia della sosta. Con la Lazio era andato in scena il “caso cooling break“ insieme a Rafa. Con la Fiorentina, nel giorno del compleanno, il primo “scippo“ dal dischetto a Pulisic era stato suo: rigore sbagliato, niente sorpasso a Maldini nel numero di reti in rossonero e per di più espulsione per proteste (con la fascia al braccio) nel finale. Ora, l’ultimo capitolo: simbolo di un reparto che, alla lunga, non funziona, nonostante un Maignan molto spesso in versione “Magic Mike“. L’assenza di Gabbia non può essere un alibi. E nemmeno la volontà di dominare il gioco con un credo offensivo. I conti non tornano, anche in merito a chi la difesa avrebbe dovuto sistemarla. Leggasi i nuovi arrivi: Emerson Royal (mentre Calabria resta ai margini) e Pavlovic (sempre più indietro a livello gerarchico rispetto a Thiaw e Tomori). Di fronte, per Fonseca, un’altra sosta di riflessione. Il Leao-pensiero, sui social, è stato: "Alti e bassi, ma so quello che sto facendo!". Con ogni probabilità è anche la linea del tecnico. Che, però, si trova ancora a doverla correggere.
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