Milan, l’insistente voce del silenzio. "Pensiamo solo al nostro presente. È una gara tra club e non tra mister»
Oggi alle 18 a San Siro i rossoneri ricevono il Como. Conceiçao affronta uno dei suoi possibili successori "Se la mia motivazione fosse solo battere Fabregas, dovrei andare in ospedale. Sta mancando il rispetto".

Sergio Conceiçao, il mister del Milan in discussione dopo l’uscita dalla Champions
di Luca Mignani
I giorni di lavoro "puliti", senza turni infrasettimanali. E praticamente tutti a disposizione. Da un lato, Conceiçao non vedeva l’ora di poter lavorare "sul campo, non solo coi video o alla lavagna". Dall’altro, si ritrova all’ennesimo bivio tra passato e futuro, con un presente pesante da ribaltare. C’è il Como, alle 18 a San Siro. Che si porta dietro tanti intrecci: troppi per poter soprassedere. La classifica fa eccezione, ma piange ancora: il quarto posto resta in testa, anche se dista otto punti, mentre l’Europa minore è a +6. In testa anche la reazione al via del Mare: era successo a Riad, le prime tappe dell’era dell’ex Porto, poi proprio col Como e con il Parma, ad esempio. Tradotto, carattere che alla fin fine emerge. È ciò a cui si attacca il portoghese, nel contempo alla ricerca di equilibrio. Ricerca durissima, mentre in società sembra aver preso il sopravvento la corrente Furlani per la scelta della prossima direzione sportiva. E mentre è incessante il chiacchiericcio sul profilo che occuperà la panchina da quest’estate. Tra i nomi, anche Fabregas.
Così, Conceiçao chiarisce: "Se la mia motivazione fosse solo batterlo, dovrei andare in ospedale. Bravo lui, lo staff, i tanti giocatori giovani e di qualità che ha. Ma è Milan-Como, non Conceiçao-Fabregas".
Il collega ha dribblato la questione: "Ho parlato col Milan nel 2016, ho deciso di rimanere al Chelsea per dimostrare a Conte che potevo essere protagonista e vincere anche col suo modo di giocare". Un altro nome nella possibile lista dei desideri rossoneri, insieme ad Allegri. Conceiçao resiste ma ribadisce: "Sono nel calcio da quando ho nove anni, certe volte manca rispetto".
Il campo, in questo senso, può far passare in secondo piano, almeno per un pochino, tante altre questioni. Il portoghese lo sa bene, tanto che punta e torna a puntare sui suoi discussi pezzi pregiati: "Leao è tra i migliori in Italia e può diventare tra i top mondiali, abbiamo un rapporto fantastico ed è sempre pronto a essere utile. Theo Hernandez? Non posso castrare la sua capacità di spinta, devo lasciarlo andare e trovare quell’equilibrio che tutti cercano". Lo ha cercato proprio il Como, a gennaio: il Milan ha accettato, Theo no. Dimostrazione, comunque, di quanto pensi in grande la milionaria proprietà lariana.
"Ricordo tutte le persone che ci hanno seguito a Palermo quando abbiamo perso 3-0. Ricordo i tanti comaschi a Salò quando abbiamo vinto 5-2. Si sale, si scende, ma dobbiamo essere orgogliosi del percorso. È incredibile" e siamo solo all’inizio, il detto e non detto di Fabregas. Che medita lo sgambetto accarezzato all’andata, quando "per un’ora sembravamo noi il Milan", disse a fine gara. Conceiçao, di fatto, resta tra più fuochi. Persino Lopetegui, di recente, ha ricordato il suo mancato approdo in rossonero: "Difficile da capire, strano. C’era una guerra interna".
Passato, presente. Il portoghese cerca di tirare dritto e di badare soprattutto ai dubbi di campo. Dietro: col rientro di Pavlovic è ballottaggio con Thiaw e Gabbia per due posti. E al centro, dove i dubbi sono su chi accoppiare tra Fofana, Musah e Bondo in un sistema di gioco camaleontico. Ci penserà anche questa mattina. Poi, finalmente, la partita. E, gioco forza, l’ennesimo bivio. Per questo Milan che Fabregas definisce "da Champions".
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