Nadia Nadim: gol storico a San Siro e impegno per l'emancipazione femminile

Nadia Nadim segna a San Siro, diventando la prima calciatrice straniera a farlo. Ambasciatrice Unesco e medico, continua a ispirare.

di Redazione Sport
10 dicembre 2024
Nadia Nadim, classe 1988, è arrivata al Milan lo scorso gennaio Domenica ha realizzato il gol per le rossonere nel derby giocato a San Siro

Nadia Nadim, classe 1988, è arrivata al Milan lo scorso gennaio Domenica ha realizzato il gol per le rossonere nel derby giocato a San Siro

Dall’Afghanistan al Centro sportivo Vismara, passando dai campi profughi della Danimarca. Fino al più prestigioso palcoscenico del pallone nostrano, la Scala del Calcio di Milano. Vero, domenica a San Siro non c’era il “sold out“ e le curve erano silenziose e senza coreografia, ma per Nadia Nadim quei 2500 spettatori erano già tanta roba, per lei che correva sul manto erboso dove ogni calciatore vorrebbe esserci. Già quella era una festa, poi il gol realizzato all’inizio della ripresa per l’1-1 contro l’Inter è stata la degna conclusione di una giornata da non dimenticare. Un 2024 che si chiude con gli occhi che brillano, così come era cominciato. Il sogno della bambina che voleva diventare giocatrice di fama internazionale lei lo aveva realizzato già da tempo, indossando le maglie di Paris Saint Germain e Manchester City. A gennaio poi l’arrivo a Milano (sponda rossonera) per l’ennesima pagina di un romanzo interminabile per chi come Nadia è nata ad Herat, in Afghanistan, e ha dovuto nel tempo affrontare una sfida che pareva proibitiva.

La sparizione del padre Rabani, un generale dell’esercito siriano rapito nel 1996 e ucciso due anni dopo dai talebani, fu un fulmine a ciel (quasi) sereno. Erano gli anni in cui il Mullah Omar prendeva il potere rovesciando il regime filorusso di Muhammad Najibullah. Molte donne si trovarono segregate in casa e Nadia, a soli 10 anni, insieme alla madre Hadima e a tre sorelle, lasciò tutto per cercare una vita migliore in Europa. Prima la tappa in Pakistan, nel 2000 l’arrivo in Europa. Di passaggio proprio a Milano per 3-4 giorni, poi il camion che avrebbe dovuto portare lei e la sua famiglia in Inghilterra si diresse in Danimarca. Lì, in un campo profughi, il pallone restituì a Nadia il sorriso e soprattutto la dignità, praticando una disciplina proibita dai talebani: "E pensare che nel mio Paese non avevo visto mai una donna praticare sport...".

Dalla richiesta di “asilo politico“ al debutto il passo è breve. Prima partita a 16 anni con l’Aalborg nella massima divisione danese, da allora la bambina cresciuta in fretta si è presa tante soddisfazioni: l’argento con la maglia della nazionale scandinava, la Champions con Manchester City e Paris Saint-Germain. E 100 presenze in nazionale raggiunte contro il Brasile. A corredo di tale curriculum circa 250 gol, l’ultimo dei quali rifilato all’interista Cecilía Rúnarsdóttir. Grazie a questa rete Nadia è entrata nella storia perché è stata la prima calciatrice straniera a mettere il timbro a San Siro.

Ma il sogno di Nadim, poliglotta in grado di parlare sette lingue, non ha solo la forma di una sfera di cuoio: ricopre l’incarico di ambasciatrice Unesco per l’istruzione delle ragazze, è attivista per l’emancipazione femminile ed è soprattutto medico con specializzazione in chirurgia ricostruttiva. Così brava che è riuscita anche a suturarsi da sola una ferita riportata in allenamento, come documentato da video di Instagram. Ora il gol nel derby. A San Siro. Aspettando il prossimo capitolo di un meraviglioso romanzo.

Giulio Mola

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