Napoli e Mario Rui al capolinea. La storia e le ragioni del divorzio

Dopo 7 anni si dividono le strade del club partenopeo e del portoghese, già dalla scorsa estate fuori rosa dopo la straordinaria stagione dello scudetto

di GIUSY ANNA MARIA D'ALESSIO
1 gennaio 2025
Mario Rui (Ansa)

Mario Rui (Ansa)

Napoli, 1 gennaio 2025 - La proverbiale crisi del settimo anno è stata fatale per Mario Rui e il Napoli, che si sono detti addio dopo un'epopea lunga e ricca di alterne vicende.  

La storia di Mario Rui a Napoli

Era il 13 luglio 2017 e il club partenopeo strappava alla Roma il portoghese, di professione terzino sinistro dalle spiccate doti offensive. All'epoca, dietro patrocinio di Maurizio Sarri, un po' in sordina e tra mille perplessità (che in parte sarebbero tornate a galla di tanto in tanto), nacque un rapporto destinato a incidere nella storia reciproca numeri importanti. Per la precisione, 227 presenze, per un totale di 16.784' in campo, impreziosite da 3 gol e 26 assist. Numeri, appunto, che però non la dicono tutta su quanto accaduto nel frattempo in un legame lungo e anche tormentato nel quale ne sono successe parecchie. Una costante però c'è e riguarda l'abilità di Mario Rui, praticamente mai un titolare designato, di scalare le gerarchie e farsi trovare pronto all'occorrenza, diventando un jolly prezioso sul rettangolo verde e un uomo spogliatoio determinante quando il mare cominciava ad agitarsi. E di tempeste, in 7 anni, nel quartier generale di Castel Volturno ce ne sono state parecchie. Così come di allenatori transitati sulla panchina di Fuorigrotta. Se con Carlo Ancelotti e soprattutto Gennaro Gattuso non scatta la scintilla, l'avvento di Luciano Spalletti è manna dal cielo per Mario Rui, per un connubio che si riforma dopo la comune esperienza alla Roma: esperienza tra l'altro infelice per il terzino, che pronti, via e in un allenamento durante la tourné a Boston dei giallorossi si lesionò il legamento crociato anteriore del ginocchio sinistro. Il binomio Spalletti-Mario Rui ha decisamente più fortuna nel capoluogo campano, con l'apoteosi toccata nella stagione 2022-2023, quella di uno scudetto vissuto da protagonista. Finalmente, verrebbe da dire. Di quell'annata di grazia beneficia anche il classe '91, che forse per la prima volta in carriera riesce a far vedere e valere le sue qualità migliori in fase di rifinitura, a suon di assist puntualmente capitalizzati da quella che in avanti (e non solo) era un'autentica macchina da guerra. L'exploit del portoghese viene premiato dalla società partenopea (cosa che non sarebbe successa esattamente a tutti gli eroi del tricolore) con un rinnovo piuttosto importante: contratto fino al 30 giugno 2026 con uno stipendio da 2,1 milioni netti (3,89 milioni lordi). Peccato che all'orizzonte si stagli l'ennesima bufera per un giocatore dal carattere forte e a tratti spigoloso, tra l'altro all'epoca assistito da un procuratore (Mario Giuffredi) dalle medesime peculiarità. A fine ottobre c'è il primo ribaltone che sembra fare da presagio all'imminente divorzio anticipato: da un Mario, Giuffredi, con il quale la separazione è stata burrascosa, con tanto di denuncia al Coni da parte dell'agente, a un altro, Mauri. Ancora prima, nell'estate che aveva visto Antonio Conte accomodarsi sulla panchina azzurra, Mario Rui era stato messo fuori rosa dal Napoli, che aveva impedito anche gli allenamenti insieme al resto della truppa: situazione mitigata dall'intervento, perorato dal terzino, dell'AssoCalciatori. La schiarita fu a metà, perché il campo, alla luce dell'esclusione dalle liste, sarebbe rimasto una chimera per l'ex Empoli. E proprio in questo momento si chiude di fatto la sua lunga epopea in azzurro, con l'atto formale, la risoluzione consensuale firmata nella coda del 2024, a suggellare una crisi aperta da tempo.

Il resto della corsia mancina

Nell'economia del progetto, cambia ben poco per una squadra che già dall'estate aveva deciso di fare a meno dell'apporto tecnico di Mario Rui, ora libero di accasarsi altrove e probabilmente di tornare in patria per chiudere la carriera: San Paolo, già in orbita nei mesi scorsi, permettendo. I signori della fascia sinistra sono Mathias Olivera e Leonardo Spinazzola, con quest'ultimo che a sua volta non è del tutto certo di terminare la stagione in azzurro. In questo caso, però, lo scenario cambierebbe, perché un'altra uscita sulla sinistra obbligherebbe il Napoli a tornare sul mercato, tra l'altro trovandosi davanti a un bivio molto comune a gennaio, specialmente quando di mezzo c'è una squadra in ballo solo in campionato (seppur per le posizioni più alte): andare su un profilo giovane, di prospettiva e futuribile, la cosiddetta scommessa, o sull'usato sicuro di norma più in linea con il mercato di riparazione e i suoi parametri? Nelle ultime stagioni il club partenopeo ha un po' abbandonato la prima strada, preferendo battere, sia d'estate sia d'inverno, quella dei giocatori già fatti e finiti: a maggior ragione da quando in panchina c'è Conte, l'allenatore oggi più manager di tutti forse addirittura nell'intero panorama della Serie A. Se questi giochi di potere valevano all'alba di un'avventura ricca di incognite, figurarsi ora che quasi al giro di boa della stagione il raccolto è andato oltre ogni più rosea aspettativa. Insomma, nella sessione alle porte Conte deciderà praticamente tutto e lo farà per sua stessa ammissione, ovviamente, con l'obiettivo di intaccare e danneggiare il meno possibile un ingranaggio quasi perfetto. Lo stesso allontanamento prematuro di Mario Rui, per quanto nell'aria e di certo più conveniente per le casse del club e del suo risparmio, ha probabilmente la matrice del tecnico salentino, il primo deus ex machina capace di scippare questo ruolo ad Aurelio De Laurentiis. Al patron questa momentanea cessione dei poteri evidentemente non dispiace, specialmente finché andrà di pari passo con l'ottimo rendimento sul campo della squadra. Quasi come una partita di Shanghai, nel quartier generale di Castel Volturno nessuno vuole intaccare un equilibrio forte e fragile, al tempo stesso, per non fare danni. L'eccezione alla regola però come sempre c'è e risponde al nome di Mario Rui, vittima della proverbiale crisi del settimo anno.

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