Aquilani versus D’Angelo: perfetta dicotomia. In scena il pragmatismo contro l’estetica
Diversi anche nel rapporto coi giocatori, il primo li responsabilizza inviando loro messaggi, il secondo in prima fila durante le contestazioni
Per chiunque abbia non per forza tifato, ma semplicemente seguito il Pisa nel corso degli ultimi anni, la partita contro lo Spezia di oggi non può essere una vista come una qualsiasi. Sarà come aprire un album dei ricordi e paragonarli con il presente, ritrovarsi di fronte il vecchio partner e, entrambi nuovamente accompagnati, essere costretti a sfidarsi. D’Angelo e Aquilani rappresentano una perfetta dicotomia. Un viaggio agli antipodi che ha deciso di intraprendere in estate la dirigenza nerazzurra per porre una cesura netta rispetto a un passato che, per quanto bello sia stato, oramai era usurato. Due scontri tra profili opposti: da un lato un ex giocatore che, dopo una carriera passata tra la Serie C e la B, è passato in panchina, conquistandosi sul campo (proprio a Pisa, in quella sera di Trieste), la promozione in B, e sfiorando la A tre anni dopo. Dall’altra, l’enfant-prodige del settore giovanile della Roma, con una carriera divisa tra Liverpool, Juventus, Milan e Fiorentina (tra le altre), per poi in viola iniziare a guidare i giovani, diventando "il predestinato", alzando trofei e debuttando tra i professionisti in B.
Due filosofie diverse: il pragmatismo di D’Angelo, quello degli "Uno salta, due copre" gridati a bordocampo, del 4-3-1-2 giocato in maniera così semplice che si è rivelato complesso da scardinare, del pallone che non si disdegna di essere allontanato, contro l’estetica di Aquilani, figlia del moderno "De-zerbismo", con la volontà di dominare il gioco, di perseguire la propria idea di calcio, un’idea fluida, così come i moduli. D’Angelo e Aquilani, diversi anche nella comunicazione.
Il primo, da vero condottiero, talvolta da "chioccia" ha sempre esposto sé prima dei giocatori, mettendosi in prima fila durante le contestazioni e in ultima nei festeggiamenti, senza mai parlare dei calciatori, anche quando forse sarebbe stato necessario. Aquilani, invece, non disdegna di responsabilizzare i propri giocatori inviandogli messaggi, più o meno velati attraverso le sue risposte ai giornalisti, ma senza mai esimersi dal prendersi le proprie colpe. Due uomini, allenatori, diversi, uno che a Pisa ha scritto pagine importanti di storia, l’altro che ha intenzione di farlo.
Lorenzo Vero
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