Il caso DDR. La capitale dei miti cacciati

L'articolo analizza la situazione critica dei monumenti calcistici di Roma, evidenziando la rapida caduta di figure come Totti, De Rossi e Mourinho. La gestione instabile di Friedkin e le aspettative deludenti per la squadra giallorossa sono al centro della riflessione sul futuro incerto del club.

di GIUSEPPE TASSI -
19 settembre 2024
Tifosi giallorossi durante la partita Roma-Bologna, oggi 29 gennaio 2012 allo stadio Olimpico di Roma.  ANSA/ETTORE FERRARI

Tifosi giallorossi durante la partita Roma-Bologna, oggi 29 gennaio 2012 allo stadio Olimpico di Roma. ANSA/ETTORE FERRARI

Brutta aria per i monumenti di Roma. Il Ponentino della capitale non è mai stato salubre per le bandiere del calcio giallorosso. A cominciare da Totti, giubilato in tutta fretta in coda a una carriera da uomo-simbolo della Lupa. E neppure gli idoli acquisiti, come Mourinho con la sua Conference League e le battute ruffiane in vernacolo romanesco.

È come se Roma si divertisse ad abbattere i suoi miti. Ultimo caso quello di Daniele De Rossi, cacciato dopo quattro giornate di campionato con tre punti in classifica e una squadra ancora alla ricerca di un assetto credibile.

Nella sua schizofrenia, la gestione dell’americano Friedkin divora perfino se stessa. De Rossi, core de Roma, era stato scelto proprio per sostituire Mou, con lo scopo di chiudere la bocca al tifo giallorosso già innamorato dell’Istrione portoghese. Doveva essere l’ex capitano il leader del nuovo corso, una rivoluzione tecnica popolata di cessioni ma pure di investimenti : 100 milioni di euro tra acquisti e ingaggi. Ecco Dovbyk capocannoniere dell’ultima Liga e Soulé, giovane talento con radici juventine. Ma il calcio è una brutta bestia, divora in fretta certezze e progetti. E se al comando non c’è un timoniere coi nervi saldi, si rischia di passare da una tempesta all’altra. Con il solido e ruvido Juric sarà certamente un’altra squadra ma il cuore di Roma è con De Rossi e i suoi sogni di grandezza . E quel signore americano lo paragonano con crudele ironia ai “ricchi scemi” di un calcio che fu.

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